Piena di Vita, un Pollicino tutto al femminile
Domenica 29 novembre andrà in scena a Centrale Preneste Teatro, Piena di Vita uno spettacolo di Ruotalibera Teatro/Compagnia UraganVera. Sul palco saliranno Ottavia Leoni e Ksenija Martinovic. Uno spettacolo sorprendente che realizza un piccolo grande viaggio nella camera di una bambina quasi fanciulla. Ce la racconta per noi, la regista Fiona Sansone.
Piena di Vita è un spettacolo ispirato al mondo di Pollicino. Fino a che punto è riconoscibile la celebre fiaba di Perrault?
Piena di Vita è uno spettacolo che riscrive gli accadimenti della favola di Perrault dal punto di vista delle bambine, la bimba Vita accompagnata dalla sua Bambola Givotta, quando scopre che i suoi genitori stanno per lasciarla nel bosco, dichiarerà: “allora se è così me ne vado io!” Questo il nodo drammaturgico, che fa convertire la storia tra avventure e paure del diventar grandi, e mette in esposizione, tutte le questioni del femminile che cerca di autodeterminarsi e di rimanere fedele ad una vocazione di identità in costruzione. Le tappe della favola sono celate e svelate in successione, ma l’Orchessa ha un ruolo determinante, più dell’Orco, un dialogo plurale e femminile, in cui la voce della bimba e della bambola si alternano per farsi coro e canzone di lotta mentre ci si prepara ad andare a caccia dell’Orco.
Lo spettacolo prevede teatro d’attori, marionette, teatro d’oggetti e un suggestivo disegno di luci, come si alterneranno o coesisteranno questi elementi sul palco?
Lo spettacolo raddoppia i segni polisemici, le attrici sono raddoppiate in bambole di pezza, i genitori sono delle marionette, mentre i luoghi della narrazione divisi in interni ed esterni, familiari ed estranei, si alternano a semplificare la visione, quello che le parole suggeriscono viene reso più semplice e condiviso da un’alternanza di tempi che fa dello spettacolo una mappatura sonora della fiaba.
La piccola Vita è una bambina che, come Pollicino, sta per rimanere sola, con quale linguaggio parlerete ai bambini di abbandono?
L’abbandono deve essere una fase di scoperta di sé e del mondo, quando la nostra protagonista comprende questo, inizialmente esce fuori casa senza pensare, abbandonando lei stessa il nido, solo quando si perderà nel bosco e non saprà come tornare l’immaginazione e la realtà nelle parole della bambola troveranno il modo per convincerla a non arrendersi, e ad auto affermarsi nel mondo, se i genitori la stavano o non stavano abbandonando, nello spettacolo viene dato per incerto, come le convinzioni che i bimbi scoprono di notte, quando il temporale imperversa alla finestra. Quello che conta e diviene manifesto è la volontà di Vita di essere.
“Adatto dai 2 agli 8 anni”, lo spettacolo non può essere apprezzato anche da un pubblico adulto?
Lo spettacolo ha una doppia lettura, è costruito su due piani della comunicazione diretta, una rivolta all’infanzia una agli adulti, il finale in questo è esplicito.
Piena di Vita parla di un viaggio nella camera di una “bambina quasi fanciulla”, cosa significa per voi diventare grandi?
Diventar grandi significa che quando sei in una fase di passaggio, stare nelle cose, vivere in pieno tutte le esperienze, avere la capacità di sbagliare, ridere e amare diviene l’unico modo per esser Pieni di Vita.