Le avventure di Alice nella contea dell’Oxfordshire
C’era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio a nord ovest dell’Inghilterra, un bambino di nome Charles Lutwidge Dodgson. Il papà, arcidiacono della Cattedrale di Ripon, quando non partecipava alle dispute sulla chiesa anglicana, pubblicava sermoni e traduceva Tertulliano. Charles, bambino timido e introverso, soffriva di balbuzie, ma nonostante questi disagi incisero sulla sua vita sociale, ebbe comunque la possibilità di dimostrare al mondo intero le sue grandi capacità. Nel 1850 s’iscrisse alla Christ Church di Oxford, stessa scuola frequentata anni prima dal padre, che per la sua bellezza ed imponenza, venne utilizzata come ambientazione di alcune scene del film della saga di Harry Potter. Charles era appassionato di logica e aveva un forte interesse per la matematica, che in età adulta lo portò a diventare un professore. Ma purtroppo per gli studenti e per fortuna per lui, le lezioni che teneva erano noiose e poco stimolanti. Decise quindi, di dedicarsi a quello che gli riusciva maggiormente, scrivere. Nel 1854, iniziò a dilettarsi nella scrittura, pensava e scriveva, scriveva e pensava, e tutto quello che raccontava, lo condiva con un’abbondante salsa di ironia. Nello stesso anno giunse alla Christ Church un nuovo rettore, Henry Liddell. Dodgson ne divenne subito un ottimo amico e in particolare strinse un rapporto profondo con le tre figlie: Lorina, Edith e Alice. Dodgson aveva una predilezione per le bambine in genere, le invitava a teatro, a far colazione a casa sua e a farsi fotografare, possibilmente nude. L’atteggiamento ambiguo, portò i critici a fare delle insinuazioni, dipingendolo come un pedofilo, ma l’arte espressa attraverso l’obiettivo, ci fa confidare che, al di là degli inviti, delle foto e della voglia di passare un po’ di tempo insieme alle fanciulle, non ne abbia corrotto l’innocenza.
Con le figlie del rettore era solito fare gite, escursioni in barca e pic-nic, le scampagnate arrivavano fino ai villaggi di Nuneham e Godstow. Fu proprio in una di queste gite in barca, il 4 luglio del 1862, che Dodgson raccontando una favola fantastica per far divertire le bambine, tracciò, quasi inevitabilmente, le linee generali di una storia senza eguali. Le bambine rimasero estasiate dal racconto e il cantastorie su spinta della piccola Alice, lo mise per iscritto. Così, su un vecchio diario, scritta con inchiostro color seppia, ad eccezione della copertina e completo di illustrazioni da lui stesso disegnate, la storia di Le avventure di Alice nel sottosuolo prese vita. Il manoscritto presentato ad Alice come un regalo di Natale anticipato, le fu consegnato personalmente il 26 novembre 1864. Incoraggiato dagli amici a pubblicarlo, Dodgson si decise a sottoporre il libro all’editore MacMillan, che lo apprezzò molto. Dopo alcune modifiche alla storia, al titolo, ed eliminati, o sarebbe meglio dire, nascosti, alcuni riferimenti della famiglia Liddell e della società di Oxford del tempo, nel 1865 venne ufficialmente pubblicato il romanzo Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice in Wonderland), firmato da “Lewis Carroll” (inglesizzazione del nome latino Ludovicus Carolus). Chi ama i nonsense, i giochi di parole e in generale le ambiguità semantiche, in questo romanzo può divertirsi a trovare quanto cercava. La mente geniale e la predilezione per i giochi di logica dello scrittore si rivelano solo a chi aguzza l’ingegno. Nella scena che si svolge nel VII capitolo, durante il Tea-Party, il Ghiro, il commensale più tranquillo della tavolata, quello che meno di tutti interviene nella conversazione con Alice, ad un certo punto racconta la storia di tre sorelline, Elsie, Lacie e Tillie. I nomi delle sorelle sono chiari riferimenti alle Liddell: Elsie, si pronuncia L.C iniziali di Lorina Charlotte, Tillie è il diminutivo di Matilde e così veniva chiamata Edith in famiglia, mentre Lacie è l’anagramma di Alice.
Fino al 1928, Alice Liddell custodì con amore il manoscritto, ma proprio in quel anno fu costretta, suo malgrado, a metterlo all’asta. I due figli maggiori erano morti in guerra e il marito era deceduto pochi anni prima. Fu proprio il regalo del suo caro amico Caroll a salvarla dalla povertà e a permetterle di sistemare la casa che cadeva in rovina. Il manoscritto fu venduto a un rivenditore americano, il dottor Rosenbach, da una casa d’aste tra le più importanti del Regno Unito, la Sotheby, per £ 15.000. A sua volta, Rosenbach, lo rivendette a Eldridge Johnson al suo ritorno in America. Dopo la morte di Johnson, nel 1946, il manoscritto fu acquistato da un gruppo di benefattori che donarono il volume al popolo britannico, che ora è conservato al British Museum. Tradotto in più di 170 lingue, in più di 300 edizioni. Il processo di traduzione dei suoi giochi di parole, degli indovinelli e delle canzoni insensate, ha messo a dura prova i traduttori di tutto il mondo che si sono dovuti misurare con l’ingegno e la fantasia di Carroll. Un’idea di uno scrittore controverso, ma geniale e l’ardore di una bambina inconsapevolmente antesignana, hanno dato vita ad un romanzo in pieno stile vittoriano, diventato un fenomeno globale.