La Parigi che reagisce e abbraccia la solidarietà
Parigi si risveglia ferita ma non sconfitta dopo gli attentati nella notte a cavallo tra il 13 e il 14 novembre. Una città che non si piega all’odio e che con i suoi simboli, i suoi gesti insegna al mondo come ci si rialza dopo una caduta.
Qui non si racconta la querelle istituzionale, le ragioni della decisione del Presidente francese Hollande di bombardare le principali roccaforti dell’IS nè le congiunture internazionali che all’indomani dell’attentato si vanno formando. Qui si racconta la società civile francese che riesce a dare il vero esempio, che ricostruisce senza rancore. Un esempio che passa per la rete nella settimana successiva gli attentati. I dati riportano quasi mezzo milione di commenti sull’accaduto da tutto il mondo. A prevalere è la solidarietà verso le vittime al 40% mentre paura e rabbia si relegano rispettivamente al 9 e 9,8%. Boom prevedibile dell’hashtag #PrayforParis, a cui se ne affianca inaspettatamente un altro, quello della comunità musulmana che twitta #Notinmyname a sostegno dei parigini e dell’islam che non si arrende alla violenza. Ma la rivalsa francese non passa solo per la rete, riscopre l’arte di Jean Jullien che negli attimi successivi alla strage fonde la Tour Eiffel con il simbolo della pace in un tratto nero, disordinato e drammaticamente esaustivo. Un’immagine che farà il giro del mondo sostituendo qualsiasi parola. Moltissimi altri artisti hanno seguito l’esempio di Jullien esprimendo il proprio cordoglio attraverso le immagini e tra questi anche Charlie Hebdo che ancora una volta dimostra il proprio acume in un messaggio lapidario: «Ils ont les armes, on les emmerds, on a le champagne!», la cui traduzione è: «Loro hanno le armi, che si fottano, noi abbiamo lo champagne» .
L’orgoglio francese però non finisce qui ma sconfina in tutti gli ambiti del quotidiano e la Francia canta, balla, urla. Canta l’inno nazionale negli stadi, nelle piazze ma canta anche un inno universale, quell’Imagine di John Lennon vicino al Bataclan a rimprovero di chi cerca nell’odio le proprie soluzioni. La Francia urla e balla anche dopo una settimana in Place de la Republique, alle 21.20 (ora del primo attacco kamikaze) per scandire la propria identità: «Tutti in piedi. Bianco Rosso e Blues» ripete la folla che ha risposto all’appello di molte personalità francesi. Appello promosso su Twitter attraverso l’hashtag #21H20, con cui molti tra artisti e cittadini comuni invitano alla reazione con queste parole: «Una settimana dopo, accendiamo luci e candele, occupiamo i nostri caffè, le nostre strade, le nostre piazze, le nostre città. Facciamo sentire quella musica che (i terroristi) odiano. Facciamo rumore perché capiscano che hanno perso». L’eleganza parigina va avanti senza roccheforti emotive ed è proprio quel #Notinmyname di cui si parlava all’inzio a doverci far riflettere, perché il primo ad aver dato una grande lezione di umanità è stato proprio il mondo musulmano schierandosi contro la barbarie terrorista e sottolineando quello che per alcuni è troppo difficile da capire ovvero che l’Islam non è questo, che a far da sponda alla libertà ci sono anche loro, i veri musulmani.
https://www.youtube.com/watch?v=hAxIOC8Zisc
Così a chiusura di questa carrellata di emozioni e reazioni c’è un gesto in particolare che va ricordato. Quello di un ragazzo musulmano bendato che ha chiesto sempre in place de la Republique di essere abbracciato; ai suoi piedi un cartello con la dicitura: «Sono musulmano ma non per questo dovete dire che sono un terrorista». La commovente reazione dei francesi è documentata QUI SOTTO in un filmato e ci ricorda una verità troppo spesso dimenticata e cioè che prima di ogni classificazione siamo tutti esseri umani.
https://www.youtube.com/watch?v=lRbbEQkraYg