Il Messico vuole vincere la battaglia contro il Traffico Umano
Ogni minuto due bambini vengono rapiti per essere ‘preparati’ allo sfruttamento sessuale: tutto ciò accade a Città del Messico ma, purtroppo, se questa specifica statistica riguarda la capitale messicana, il fenomeno generale della tratta delle persone rappresenta una piaga che non esime nessun Paese del mondo.
Il capo del governo del Distretto Federale Miguel Ángel Mancera, insieme alla presidente della Commissione ‘Unite contro la Tratta e il Traffico Umano’ Rosi Orozco, al Procuratore di Giustizia Rodolfo Río Garzas e ad altre importanti figure che operano nella capitale, ha ribadito, durante il Foro de Víctima y Supervivientes tenutosi nella giornata di ieri 17 di giugno, l’importanza del crimine della Tratta: secondo, a livello di intensità e di ‘giro’ di denaro, solamente al narcotraffico. Se però questo delitto si ritiene secondo dal punto di vista degli interessi economici e di capillarità a livello di diffusione nel mondo, deve essere considerato primo con rispetto alla sua abilità nel distruggere la dignità umana; è dunque necessario, riportando le parole del Presidente della Commissione dei Diritti Umani Luis Armando González Placencia, anche lui presente al Congresso di ieri, accompagnare sostanziose misure governative allo sviluppo di una cultura etica generale. Ogni singolo cittadino deve intervenire di fronte a situazioni che possono accadere alla luce del giorno in qualsiasi angolo della città.
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Città del Messico rappresenta ora un esempio per tutta l’America Latina per quanto riguarda la lotta contro la tratta degli essere umani, di cui più della metà è rappresentato da donne, spesso minorenni; ultimamente, su 92 sentenze, con tanto di condanna, effettuate in tutto il Paese, 32 hanno avuto luogo nella capitale e inoltre, grazie all’intervento di psicologi, assistenti sociali, orfanotrofi e, in modo particolare, al Centro Messicano per lo studio del Trauma e della Violenza, diretto dalla Dottoressa Stephie Fastlicht, anche lei presente durante il Foro, il lavoro nel combattere il post-trauma delle donne ha tutte le carte in regola per continuare egregiamente. Se infatti la cattura degli sfruttatori e la liberazione delle vittime rappresentano il primo passo nella lotta contro il crimine della tratta, quello di ridare e spesso dare, vista la giovanissima età di alcune di loro, una vita alle ‘supervivientes’, le quali escono completamente traumatizzate dalle terribili esperienze vissute, come il dover sostenere più di 30 rapporti sessuali al giorno, spesso accompagnati da violenze di ogni tipo o costringere, una volta divenute ‘veterane’ del giro, a usare la forza con le giovani appena catturate, è il compito più arduo: il supporto psicologico e psichiatrico sono dunque fondamentali, per questo viene richiesto l’intervento di persone specializzate nel campo. Questo dilaniante fenomeno non lascia scampo a nessuna parte del mondo, dai Paesi più poveri, nei quali in genere si origina il problema, si passa al ruolo da protagonista dei Paesi più ricchi, i quali fungono da ‘destinatari’ che godono dei risultati della tratta. Non c’è un maggior colpevole in questa situazione. Entrambe le parti vanno punite allo stesso modo: è vero che se non ci fossero i clienti questo deplorevole mercato probabilmente non esisterebbe, ma è bene focalizzare la totale attenzione sulle persone da salvare, da integrare nella società, da riempire di amore e speranza perché è su queste che va fatto il maggior lavoro e investita la maggiore e, sicuramente, ben ripagata fatica.
di Ilaria Francesca Petta