I terroristi attaccano Parigi: la Francia dichiara guerra all’Islam
È l’Islam il problema! Hollande: “La Francia è in guerra. Ma il terrorismo non distruggerà mai la République, perché sarà la République a distruggerlo”. Attaccata al cuore dai terroristi islamici, piange i 129 morti di Parigi e ruggisce di rabbia attaccando la Siria. È la cronaca di questi giorni – sugli attentati di Parigi – sulla quale tutti hanno già scritto, detto, pontificato. Scrivo, invece, per proseguire il discorso fatto con una persona sull’Islam, sul Ruanda, su Hutu e Tutsi, su Sebrenica.
Si, è l’Islam il problema. “La violenza che vediamo è il naturale frutto di una religione violenta” è questa l’idea che si diffonde a macchia d’olio in queste ore. La stessa che dilagava nelle ore, e nei giorni, dopo la strage di Charlie Hebdo. “Più sicurezza contro il nemico esterno, l’Islam” gridano in questi istanti gli imprenditori della paura in tutta Europa, chiudiamo le frontiere al mondo arabo. E come potrebbero avere torto? Perfino persone che sono sempre state disposte al dialogo si arrendono di fronte a quella che pare l’evidenza: l’Islam è la religione dell’odio. Sono “Bastardi islamici” come titola Libero. Invece, sono bastardi e basta, come chiunque uccida e uccida in nome di un “dio”. A me non stanno simpatici gli integralisti islamici, non mi piace vedere le donne coperte da un velo o da un Burka che, secondo loro, scelgono liberamente di indossare, non condivido buona parte della loro cultura, non mi piace che considerino “immorali” le donne occidentali in vacanza nei loro paesi, perché si vestono e agiscono in modo diverso da quelle che loro considerano “esseri di proprietà di un uomo” e che nascondo a qualunque sguardo. Non mi stanno simpatici nemmeno gli integralisti cristiani, cultura alla quale appartengo ma dalla quale ho preso le distanze proprio in nome di quell’integralismo che non condivido. A ben vedere non mi sta simpatico proprio nessuno! Ma questa non è una guerra di religione, è una guerra di potere. Ma la domanda è: chi li arma? Quali e dove sono le multinazionali che costruiscono armi? Chi li addestra? Molti degli “islamici bastardi” sono stati addestrati negli eserciti americani, tedeschi, inglesi o in quelli dei deposti sanguinari dittatori.
Ma perché ci interessiamo tanto a loro? Alle loro guerre, ai loro valori, alle loro “assurde” tradizioni? Perché ci siamo ostinati a esportare la democrazia facendo cadere Saddam, Gheddafi (il caro amico di Silvio che lui stesso ha poi contribuito a bombardare), omaggiato, al suo arrivo in Italia, con 100 “gheddafine” di benvenuto – poco più, o poco meno di escort pagate dallo Stato – che lo attendevano sorridenti e seminude nei pressi di Villa Pamphili dove il Rais aveva deciso di piantare la sua tenda per soggiornarvi.
Perché abbiamo tentato di far cadere Assad, dopo che nel 2010 il presidente Giorgio Napolitano lo ha insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone al merito della Repubblica Italiana per il suo impegno per la modernizzazione della Siria, salvo richiederne la restituzione due anni dopo “per indegnità” quando i potenti d’Europa gli hanno chiesto di dimettersi?
Ma fosse per caso quel liquido nero, l’oro nero, di cui i paesi arabi sono ricchi a interessare l’occidente? La preoccupazione occidentale di far restare nelle mani di regimi “amici” – qualunque essi siano e a qualsiasi costo – le riserve petrolifere della regione e la questione israeliano-palestinese è il fulcro di tutti i problemi occidentali con il Medio Oriente. Così come l’Afghanistan – e pochissime testate giornalistiche lo hanno fatto notare – che doveva essere conquistato in nome non di un dio, ma a causa della sua posizione strategica intesa come passaggio obbligato di metano e petrolio dall’Asia Centrale.
Mi si dirà che è facile parlare così perché non sono stato colpito direttamente, non è ancora stato colpito il mio Paese, perché hanno colpito per la seconda volta i cugini francesi. Mi si chiederà cosa farei se fossi colpito al cuore della mia civiltà, se vedessi i miei connazionali in un lago di sangue… La risposta sarebbe solo una: reagirei! Con tutta la forza, la determinazione e la rabbia di un leone ferito! Ucciderei per i miei cari, per la mia città, per la mia nazione.
Ma il punto non è questo, vorrei sapere perché non abbiamo esportato la nostra democrazia anche in Ruanda durante il genocidio del 1994 tra Hutu e Tutsi (alcuni diranno: Ru… Che?). Il genocidio ruandese è la storia dell’indifferenza dell’Occidente di fronte ad un evento percepito come distante dai nostri interessi. Lì non c’è petrolio, non ci sono diamanti, non c’è proprio nulla che ci possa interessare: circa 1.000.000 di morti in meno di 4 mesi, ma chi se li ricorda? Chi si ricorda l’immagine di quel bambino rimasto solo circondato dalla morte?
Come pochi ricordano la strage di Sebrenica, dove, sotto la protezione (o lo sguardo distratto) delle truppe olandesi dell’Onu, sono stati uccisi oltre 8000 musulmani dal boia Mladic (che nessuno ha accusato di essere un” bastardo cristiano” ma “solo” di aver commesso crimini di guerra contro la popolazione civile).
È giusto estirpare, senza se e senza ma,- superando ideologie e schieramenti politici – i terroristi che attaccano la nostra cultura. Ma chi è per noi il terrorista? È il nemico da abbattere, è il miliardario saudita che ordina l’attacco alle Torri Gemelle, è il pilota islamico che in nome di Allah uccide migliaia di innocenti e chissenefrega se uccide anche se stesso, è il ragazzo palestinese che imbottito di dinamite si fa esplodere in una piazza, in uno stadio, in un mercato e anche qui, – e lo penso davvero – chissenefrega se muore anche lui.
Ma per loro, per i cattivi, chi sono i terroristi, chi è il terrorista? È l’uomo d’affari che arriva in un paese povero del Terzo Mondo con i piani per la costruzione di una fabbrica chimica che, a causa di rischi di esplosione e inquinamento, non potrebbe mai essere costruita in un paese ricco del Primo Mondo; che arriva con il progetto di costruzione di una centrale nucleare che fa ammalare di cancro la gente che ci vive vicino, – in Italia abbiamo l’Ilva che, sempre in nome del profitto, bontà sua, sta uccidendo i tarantini -; è colui che costruisce una fabbrica trasformando i contadini in operai, cementificando risaie secolari per produrre a basso costo Jeans, magliette, scarpe e tute da ginnastica made (?) in Italy, fino a quando non sarà più conveniente produrle altrove, chiudendo i battenti e lasciando gli operai senza lavoro e senza risaie.
E allora, mettiamo insieme i nostri e i loro terroristi e che facciano la stessa fine, oppure palesiamo i nostri interessi, facciamola finita di nasconderci dietro “l’esportazione della democrazia” perché altrimenti non siamo tanto diversi da quelli che uccidono in nome di dio! Io continuerò comunque a difendermi, in nome mio.
Twitter: @GianluGaeta
Leggi altri articoli dello stesso autore