Se Hitler avesse vinto la guerra: The Man in the High Castle
Se Hitler avesse vinto la guerra. È una questione ucronica che, almeno una volta nella vita, è venuta in mente ad ognuno di noi. Immaginare un mondo alternativo se le cose fossero andate diversamente. Argomento talmente affascinate da diventare storia per romanzi e per alcune trasposizioni cinematografiche. Ma mai nessuno aveva pensato di farne materiale per una serie tv. È il caso di The Man in the High Castle, adattamento firmato Frank Spotnitz (sceneggiatore e produttore di X-Files) del romanzo La svastica sul sole di Philip K. Dick. Tra i produttori, tra gli altri, Ridley Scott. The Man in the High Castle si presenta così al RomaFictionFest.
È il 1962. Germania e Giappone, vincitrici della seconda guerra mondiale, si sono spartite il mondo. A farne le spese maggiori sono ovviamente gli Stati Uniti d’America divisi in tre parti: East Coast alla Germania, West Coast al Giappone e una zona neutra centrale a dividerle. All’interno di questo scenario si muovono in parallelo le vicende di quattro personaggi. Questa, in breve, la trama fedele al romanzo del visionario Philip K. Dick anche se con qualche piccolo cambiamento. Ed è probabilmente questo il punto forte e debole, allo stesso tempo, di The Man in the High Castle. Infatti, soprattutto nella prima parte dell’episodio, si denota una lentezza quasi forzata, molto probabilmente dovuta al materiale letterario del romanzo. Si susseguono scene al chiuso e dialoghi narrativi. Tutto molto lento come fosse una lunga preparazione, una lunga introduzione per coinvolgere lo spettatore e farlo entrare in quel mondo alternativo.
Dunque la serie fatica a decollare. A bilanciare questa lentezza viene in aiuto una notevole fotografia volutamente vintage, e moderna allo stesso tempo, che impreziosisce la scenografia. Oltre a questo, altri due elementi danno una scossa all’andamento narrativo: la recitazione di Alexa Davalos nelle vesti di Juliana Crain e la pellicola segreta de La cavalletta non si alzerà più. Quest’ultima è un film nel film, un film che parla della vera seconda guerra mondiale e del suo esito, che racconta la vittoria degli alleati. Ed ecco che il mondo reale irrompe nel mondo alternativo presentandosi ai suoi occhi sotto le vesti, a sua volta, di mondo alternativo. È un gioco a specchio che intriga, appassiona e destabilizza lo spettatore ma in maniera positiva: due mondi, l’uno che esclude l’altro, che si scontrano, si scambiano e la sensazione è quella che uno dei due dovrà soccombere. Qui si snoda The Man in the High Castle, qui trova la sua giusta spinta per catturare l’attenzione e mandare avanti la narrazione.
È, dunque, un progetto ambizioso, coraggioso e pericoloso. Il primo episodio ha fatto intravedere pregi e difetti. La svastica sul sole è sì una buona base da cui attingere ma è anche una presenza ingombrante. La curiosità sarà vedere se i prossimi episodi riusciranno a trovare una maggiore autonomia dal romanzo.
Twitter: @Francesco Nespoli