Porcellum: Giachetti contro la legge che garantisce l’inciucio

Un porco si aggira per l’Italia, il suo nome di battesimo è Legge n.270 del 21 dicembre 2005, Legge Calderoli per gli amici, Legge Porcata per Calderoli, Porcellum nella latinizzazione sartoriana.

Il porco fa schifo a tutti. Reietto ai suoi cari, a soli otto anni già sembra non sia più figlio di nessuno, tanto che alla sua abolizione e riscrittura sembra imprescindibile far partecipare coloro che a suo tempo lo introdussero nel corpo legislativo a maggioranza per mero interesse di parte, sfasciando il sistema elettorale nazionale per pareggiare le elezioni e far al contempo eleggere inquisiti e probabili trombati. Quelli del PD non vogliono cambiare la legge elettorale a larga maggioranza come affermano (altrimenti la si poteva riscrivere col cinque stelle), vogliono proprio farla con quelli che l’hanno scritta, approvata e poi disconosciuta.

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Il porco è inviso al Presidente. Napolitano, nel discorso d’insediamento per il secondo mandato ha letteralmente svergognato la partitocrazia per non aver abolito il porcellum durante il Governo Monti, quando dovevano fare soltanto quello. A quelle parole che li accusavano, in un grottesco gioco di doppi sensi, i rappresentati dei partiti applaudirono con trasporto. Il porco, ufficialmente, è odiato dal PD costretto per sua colpa a imbarazzanti pareggi e vittorie effimere, anche quando affronta le elezioni col vento in poppa. La Corte costituzionale ha criticato la legge, la Suprema Corte di Cassazione l’ha delegittimata. Gli italiani la detestano, perché li condanna a governicchi e governi di ammucchiata e perché il Parlamento non è più eletto ma nominato in proporzione alle indicazioni di lista. Il premio di maggioranza abnorme, la machiavellica e sistematica ingovernabilità del sistema al Senato, l’impossibilità di indicare preferenze, le soglie di sbarramento altissime e l’ambiguità della figura del “leader di coalizione” ne fanno una delle peggiori leggi possibili. Per questo l’ipotesi di riforma parziale proposta dal PdL è inaccettabile ed è necessario cambiarne l’impianto generale: il porco va abolito,  è irriformabile. La maggioranza dichiara adesso di  voler legare la nuova legge alle riforme costituzionali che richiedono anni anche in caso di sostanziale accordo del parlamento, sicuri come sono che il Governo Letta si riveli insospettabilmente robusto e di sana costituzione (con la minuscola). Tutti concordano che bisogna metterci le mani, Letta sostiene che il superamento del maiale elettorale sia una priorità del Governo fino a convocare schiere di saggi e scriba da tutte le contrade per partorire le agognate riforme. Non si sa esattamente quali: alcune riforme, forse presidenzialiste, forse solo a metà, forse a doppio turno, forse no.  

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In questo contesto la proposta Giachetti giungeva salvifica: si abroga il porcellum con un colpo di penna e si torna al mattarellum, poi c’è tutto il tempo perché i saggi indichino la via maestra per una riforma organica, savia e virtuosa (altrimenti che saggi sono?). Il mattarellum come ottimo paracadute qualora Letta dovesse restare impigliato nella ragnatela di relazioni di famiglia quindi costretto a portare il paese a elezioni anticipate: semplice e perfetto. Il PD vota contro giudicando la proposta “intempestiva” (hanno delle regole loro su quando cucinare il maiale e quando no) poi corre di nuovo a giocare ai padri costituenti col PdL, il quale a sua volta vota contro e non si degna nemmeno di spiegare la bocciatura. A votarne l’abolizione resta il povero Giachetti, già provato lo scorso anno da uno sciopero della fame per la stessa causa, M5S e SEL (cioè l’opposizione al completo). Gli schieramenti sono chiari: il porcellum è l’inconfessabile collante del Governo, il garante suino degli equilibri politici, la sgraziata vestale della continuità istituzionale. Alla fine Schifani ammette che: ”sulla legge elettorale c’è un vincolo di maggioranza”. Adesso la Legge Mattarella è peggio del porcellum, come se di quella gli italiani si fossero mai lamentati. In fondo, la presenza di una legge accettabile non sarebbe da sprone per fare in fretta le riforme? Invece prendono tempo, lambiccano, nominano commissioni percorrendo l’arabesco per spostarsi da un punto al più vicino. Dopo il turno delle amministrative in cui si scelgono persone e preferenze e si hanno risultati chiari su chi ha vinto e chi ha perso, l’assurdo di vedere ancora l’elettorato ostaggio di una legge del genere è ancora più paradossale.

In una favola allegorica vedremmo appunto questo porco che grugnisce nel centro del villaggio paralizzandone la vita sociale e politica, nutrito dal fango e dall’immondizia che i villici gli tirano addosso, prelibatezze che lui divora ingrassando di anno in anno. Di giorno tutti gli abitanti del paese ne parlano con disprezzo, lo dileggiano, lo minacciano e ne fissano puntualmente la data dello sgozzamento e della riduzione in salsicce. Poi di notte, quando non li vede nessuno, uno alla volta vanno a farci l’amore.

 

di Daniele Trovato

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