Il Portogallo svolta a sinistra e suona la sirena anti-austerità

Dopo il risultato delle elezioni di inizio ottobre, vinte dal partito di destra Portugal à Frente ma senza possibilità di avere una maggioranza in parlamento, il Portogallo svolta clamorosamente il corso della sua storia.

 

Martedì 10 novembre, le sinistre del Paese, unite per la prima volta, hanno gridato un fortissimo no (simile al grande OXI greco) al neonato governo del Presidente Pedro Passos Coelho, dichiarandosi pronte a formare, insieme, un governo radicalmente anti-austerità ispirato agli ideali di giustizia sociale propri della costituzione nata dalla Rivoluzione dei Garofani. Sono passate appena poche settimane da quando il presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, ha conferito l’incarico di formare il governo al conservatore Pedro Passos Coelho nonostante questi non avesse, nemmeno con gli altri partiti di destra, i numeri per ottenere la maggioranza. Un gesto che minava i fondamenti stessi della democrazia, compiuto in barba al fatto che il Partito Socialista, il Bloco de Esquerda e i Verdi avessero già dichiarato la loro disponibilità a formare un governo, questo sì con la maggioranza assoluta in Parlamento.

 

L’aver negato a una formazione politica (che ne aveva la possibilità in Parlamento) il diritto di tentare di formare un governo è un gesto che dimostra il disprezzo degli eurocrati per la democrazia, tuttavia peggiore del gesto è stata la sua giustificazione: l’aver consapevolmente ignorato il voto popolare (che ha espresso il 62% di preferenze ai partiti di sinistra nel loro insieme) in nome del rispetto degli accordi precedentemente contratti con l’Europa della Troika. Mentre da più parti, non solo in Portogallo e non solo da parte dei partiti più radicali (più rumorosi tra tutti gli inglesi del Telegraph), si è gridato al colpo di stato, i quattro partiti di sinistra (Partito Socialista, Bloco de Esquerda, Verdi e Partito Comunista Portoghese) sono riusciti a convergere su un accordo di governo (alla cui testa sarà il socialista Antonio Costa) e un programma minimo presentato pochi giorni fa, i cui capisaldi sono l’aumento del reddito delle famiglie; l’annullamento per intero dei tagli degli stipendi della funzione pubblica; l’aumento del salario minimo da 505 a 600 Euro entro il 2019 (ovvero una crescita di quasi il 20% che riguarderà circa 500 mila persone); la reintroduzione dei giorni festivi aboliti nel 2011, che passeranno da 9 a 13; e che prevede infine una serie di riforme atte a combattere l’uso ingiustificato del lavoro autonomo, per favorire l’occupazione e ridurre i livelli di precarietà.

 

Forti di questa alleanza i partiti della sinistra portoghese si sono presentati compatti in aula per votare la mozione di sfiducia al governo di Coelho, che alle 17.17 del 10 novembre 2015, è stata approvata con 123 voti favorevoli e 107 contrari. A meno di un colpo di scena scriteriato da parte della Presidenza della Repubblica le forze di sinistra si apprestano quindi a governare il Paese. La strada è in salita ma la necessità di porre un freno immediato alla macelleria sociale scatenata dalle politiche di austerity e di invertire senza indugio la rotta dell’Europa verso la catastrofe antropologica saranno il faro da tenere sempre in vista. E adesso, soprattutto, a suonare sono due sirene, da Oriente e Occidente, dritte verso il cuore del continente: non è ancora finita.

@aurelio_lentini

 

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