Eduardo Berizzo e il suo fantastico Celta Vigo
Un muro di sciarpe celesti che trasuda orgoglio galiziano e canta all’unisono il ritornello della Rianxera: “Ondiñas veñen, ondiñas veñen e van, non te embarques rianxeira, que te vas a marea”. Con quest’immagine Messi e compagni sono usciti dal campo un mese fa, dopo aver preso quattro gol dal Celta Vigo di Eduardo Berizzo, rivelazione assoluta del campionato spagnolo.
Una sconfitta pesante per il Barcellona, subita però contro una squadra che sta incantando tutti, con un gioco offensivo e divertente, quasi sprezzante nel rifiutare l’aggettivo di “piccola”. Il Celta gioca da grande e quando incontra le grandi non sfigura, anzi: il più delle volte esprime un calcio migliore dei propri avversari. I calciatori si divertono in campo, il possesso palla è fluido e veloce, ma soprattutto è quest’idea di calcio così audace e spregiudicata che la rende la squadra più riconoscibile di tutta la Spagna. Qualità sottolineate anche da Luis Enrique: “Preferisco essere battuto da una squadra come il Celta, che gioca bene e non utilizza trappole. E’ la proposta di calcio più interessante”. Fino ad oggi il Celta Vigo è riuscito ad inserirsi nel triopolio di Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid. Si trova in terza posizione nella Liga, a soli tre punti dalla vetta, ma ha già incontrato le due grandi di Spagna e il Siviglia, raccogliendo sei punti su nove disponibili.
Ma da dove arriva Eduardo Berizzo? Il tecnico argentino è già stato una celebrità dalle parti di Vigo. Come difensore ha vestito la “camiseta celeste” per cinque anni, dal 2001 al 2005, risultando uno dei protagonisti della storica cavalcata in Champions League, terminata ai quarti di finale per mano dell’Arsenal. Nove anni più tardi, nell’estate del 2014, è tornato come allenatore. Con un curriculum di tutto rispetto: tre anni di collaborazione con Marcelo Bielsa nella nazionale cilena, sei mesi sfortunati sulla panchina dei campioni d’argentina dell’Estudiantes e una serie di prodigi nel club cileno dell’O’Higgins, con cui conquista il Torneo Apertura 2013 e la Supercoppa nazionale 2014. Sulla sua panchina gravava la pesante eredità lasciata da Luis Enrique, che aveva introdotto al Celta, l’anno precedente, il suo gioco offensivo e divertente, regalando ai galiziani un nono posto finale. Alla sua prima stagione, Berizzo ha fatto meglio. Miglior inizio della storia del Celta e ottavo posto finale, ad un passo dall’Europa League. In questo campionato, con la stessa base e alcuni innesti importanti, come il ritorno di Iago Aspas e gli acquisti di John Guidetti e Daniel Wass, sta migliorando ancora i risultati dei celestes.
Come spesso si dice, in Spagna tutte le squadre giocano bene, ma normalmente questa regola non vale quando si incontra il duo catalano-madrileno. Invece, anche due settimane fa nella sconfitta contro il Real Madrid, i galiziani hanno voluto imporre il proprio gioco senza timori, difendendo fino alla fine il loro pensiero di calcio. E i numeri hanno dato ragione al Celta: più tiri in porta dei blancos, meno falli fatti e un possesso palla maggiore rispetto ai galacticos. Purtroppo è arrivata la sconfitta per 3-1, ma la spinta data da questa prestazione, ha superato anche i tre punti persi in classifica. Come ha titolato Marca, ci ha dovuto pensare “Keylor l’eroe” a salvare il Real. Senza il fondamentale apporto del portiere costaricense Keylor Navas, infatti, i ragazzi di Berizzo avrebbero probabilmente fatto l’ennesimo scalpo eccellente di una stagione magica. Ma purtroppo allo stadio Balaídos Navas no para, vuela.
Questa per il Celta Vigo sembra la stagione giusta. Una squadra che inizia ad esser accostata allo storico EuroCelta di Victor Fernandez, che nel quadriennio 1998-2002 incantò in Spagna ed in Europa. Nel corso di quegli anni, il Celta offrì un calcio offensivo e divertente, grazie alla classe e la leadership di giocatori come Mostovoi, Karpin, Gustavo Lopez, Mazinho e Haim Revivo. Divenne una delle migliori squadre spagnole, insieme ai cugini del Deportivo La Coruna, in un Derbi gallego che valicava i confini nazionali. Indimenticabile per tutti i tifosi del Celta, ma probabilmente per altrettanti tifosi juventini, fu la vittoria per 4-0 nel ritorno degli ottavi di finale della Coppa Uefa 99-00. Fu una lezione di calcio dei celestes di Victor Fernandez, capaci di ridicolizzare la Juventus di Ancelotti, facendo passare alla storia l’incontro come una delle peggiori disfatte europee della Vecchia Signora.
Il gioco così offensivo e divertente di questo Celta ricorda molto l’idea di calcio di Victor Fernandez, ma più di tutti si avvicina a Marcelo Bielsa, primo insegnante di Eduardo Berizzo. Il tecnico, in molte delle sue conferenze, ha spiegato la sua idea di calcio. A volte, per il suo modo di parlare e gesticolare sembra di ascoltare proprio “el loco argentino”: “L’intenzione era quella di giocare con la nostra idea di calcio – ha detto Berizzo dopo la vittoria sui blaugrana – pressando e non lasciando giocare il Barcellona e quindi utilizzando con intelligenza il pallone. Ed è successo come ci aspettavamo”. “La pressione a centrocampo – ha continuato il tecnico argentino – e lo sforzo collettivo ha impedito loro di giocare facilmente.”
Ma come gioca il Celta Vigo? Lo schema base di Berizzo è un 4-3-3 a trazione anteriore, che molto spesso diventa un 4-2-3-1. Dentro questo disegno la caratteristica principale è che sette dei dieci giocatori di movimento pensano e giocano sempre verticalmente quando hanno il pallone. Tra i migliori interpreti di questa totale attitudine alle verticalizzazioni ci sono Wass e Pablo Hernandez, entrambi interni di centrocampo. L’argentino e il danese condividono un’origine ben precisa: sono stati trequartisti. Ciò permette loro di giocare bene anche a centrocampo, ma la loro natura gli dà la possibilità di vedere linee di passaggio verticali oscure ai più classici incontristi. La ragione di questa scelta è che, nel gioco di Berizzo, ci devono essere più giocatori davanti alla linea del pallone che dietro di esso, per dare il maggior numero di opzioni possibili a chi organizza il gioco.
Il modello si basa sul prendere l’iniziativa, ecco perchè risulta fondamentale che esca una palla di qualità dal fulcro del gioco. Ma come Wass e Hernandez creano gioco sull’asse verticale, c’è Nolito che fa lo stesso, ma orizzontalmente. Sistematicamente ad ogni azione del Celta l’ala spagnola riceve palla praticamente sulla linea laterale, fà un movimento diagonale da sinistra verso il centro, puntando la porta e concludendo a rete. E il gol con Real Madrid ne è l’esempio più fulgido. A copertura di tutto questa verticalità c’è il capitano Augusto Fernandez. L’equilibratore di Berizzo. Giocatore dalla personalità strabordante e leader indiscusso dei galiziani. Ovunque vada la palla e qualsiasi scelta venga fatta, El negro è lì, pronto a pressare e recuperare il pallone. Perchè per il mister argentino è un’ossessione. Prima si riconquista il possesso, prima si torna ad imporre il proprio gioco.
Nell’organizzazione quasi svizzera del Celta c’è però chi gode di totale libertà, ed è Fabian Orellana. El poeta è l’ala destra del tridente e teoricamente dovrebbe avere dettami tattici simili a Nolito, che gioca dalla parte opposta. In realtà il cileno gode di totale libertà, spazia su tutto il fronte d’attacco, segna e sforna assist ma non disdegna l’aiuto a centrocampo. Basti guardare il confronto tra le due “Heat Map” della partita contro il Real Madrid. A sinistra ci sono le zone d’azione di Nolito, perennemente agganciato alla linea laterale sinistra. A destra invece c’è Orellana ed è abbastanza facile capire come i dettami tattici di Berizzo per lui non valgano.
Ovviamente questo gioco offensivo ha i suoi contro. I due centrali difensivi, Sergi Gomez e Cabral, quando saltano le coperture a centrocampo, molto spesso devono far fronte all’uno contro uno per difendere la porta. Ma più in generale, questa perenne ricerca di uomini davanti alla linea della palla, crea grossi squilibri quando si perde il possesso nella propria metà campo. Fino ad oggi però questo non ha comportato grossi problemi, vista la prolificità di Nolito e Iago Aspas. Una coppia capace di segnare 13 gol in 10 partite.
Tutti a Vigo continuano a volare bassi, ripetendo quasi come un disco rotto che l’obiettivo principale è la salvezza. Ma se la storia recente insegna come la Liga molto spesso regali storie bellissime, il Celta di quest’anno sembra poter confermare questa regola. Probabilmente non raggiungerà le vette dell’Atletico di Simeone, ma sognare un posto in Champions League ai danni delle ben più quotate Siviglia, Bilbao o Valencia non sembra un sogno così irrealizzabile.