Henry Kissinger, New York celebra l’ex segretario di stato
L’aristocrazia della politica e della diplomazia internazionale si è riunita al St. Regis di New York per festeggiare i 90 di Henry Kissinger. Tra gli altri, hanno reso omaggio all ex segretario di Stato, Bill e Hilary Clinton, Colin Powell, Condoleezza Rice, Valéry Giscard D’Estaing, David Petraeus, John Kerry e il sindaco Michael Bloomberg – un tributo che ha, tra l’altro, suscitato dell’ironia sia per via della figura controversa dell’ex consigliere repubblicano, sia per la partecipazione bipartisan all’evento.
John Kerry lo ha definito «uno statista indispensabile» e John McCain, a cui va probabilmente ascritto l’intervento più significativo della serata «un grande mentore» e «uno dei giganti». Il senatore repubblicano ha ricordato come Kissinger ne avesse preservato l’onore quando rifiutò che gli fosse riservato un trattamento di riguardo rimpatriandolo dal Vietnam: «Sapeva che un mio rilascio anticipato sarebbe stato interpretato come un favoritismo nei confronti di mio padre e una violazione del nostro codice di condotta. Rifiutando quest’ultimo tentativo di perpetrare una diserzione, Henry ha davvero salvato la mia reputazione, il mio onore, la mia vita. E da allora gli sono debitore».
Henry Kissinger è stato consigliere per la sicurezza nazionale e segretario di Stato Americano. Ha ottenuto il premio Nobel per la pace nel 1973 per aver favorito la composizione della guerra in Vietnam. La sua indubbia abilità politica va di pari passo con una forte spregiudicatezza: alle responsabilità in Vietnam e al sostegno al golpe di Pinochet si affianca il perseguimento di una pacificazione dei rapporti tra Stati Uniti, da una parte, e Russia e Cina dal’altra.
Statista smaliziato, di grande lungimiranza e straordinario tempismo, consentì a Nixon di prendersi il merito per la storica visita nella Repubblica cinese, sapendo che, nel lungo periodo, sarebbe comunque emerso il proprio valore diplomatico. Grazie alla fitta rete di relazioni politiche che riuscì a intrecciare, si rese necessario all’amministrazione Nixon pur non condividendo molte delle idee del Presidente. Fu uno dei pochi a sopravvivere al Watergate e a proseguire la propria carriera anche al seguito di Gerald Ford.
Kissinger viene designato come uno dei sostenitori della “Realpolitik“, termine che lui considera semplicistico e caricaturale, perché non riflette la «complessità dell’arte di governare», quella strategia politica che, invece, richiede, «un’analisi rigorosa, una preparazione meticolosa, e infine la capacità di prendere subito l’iniziativa». Probabilmente il ritratto più confacente di Henry Kissinger ci è stato fornito da Oriana Fallaci: «Pesava ogni frase fino al milligrammo, non gli scappava nulla che non intendesse dire, e ciò che diceva rientrava sempre nella meccanica di un’ utilità».
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