La Polonia gira le spalle all’Europa

Alle elezioni in Polonia trionfa l’ex premier Jaros Kaczynski, leader del partito di destra anti-Ue e anti-migranti Diritto e giustizia (Pis), stravincendo le elezioni con lo slogan “il paese ha bisogno del cambiamento”. La premier designata, Beata Szydlo, sarà in grado di formare un governo da sola, senza cercare alleati. È una vittoria che viene guardata con attenzione anche da Bruxelles. La preoccupazione è quella della retorica nazionalista, populista e il varo di riforme simili a quelle di Viktor Orban in Ungheria. Il primo passo è quello di una svolta sulla politica dei migranti. Kaczynski, 66 anni, conosciuto per le sue uscite autoritarie, gemello del presidente Lech morto nell’incidente aereo di Smolensk 5 anni fa, premier fra il 2006 e il 2007, da oggi avrà un ruolo particolare. Le due principali cariche nel Paese saranno nelle mani di persone indicate da lui. Andrzej Duda, diventato capo di Stato nel maggio scorso, e Beata Szydlo, indicata appunto per la carica di premier.

 

Fra le prime decisioni del nuovo governo è prevista una marcia indietro rispetto al tema migranti: Kaczynski non li vuole. La sua posizione è condivisa da Duda, che ha più volte criticato la premier uscente Kopacz. Il Pis è anche contrario all’ingresso della Polonia nell’euro. Fra le promesse economiche del Pis vi è un bonus di 500 zloty al mese (125 euro) per ogni secondo bambino fino ai 18 anni. Pis ha promesso inoltre di ritirare la riforma delle pensioni introdotta dai centristi (65 anni per gli uomini e 60 per le donne invece dei 67 attuali). I pensionati riceveranno anche le medicine gratuite. Per coprire queste spese, il partito prevede fra l’altro di alzare le tasse per le banche e per le grosse società che operano in Polonia, proprio come ha fatto Orban in Ungheria. Beata Szydlo Vede nelle richieste dell’Unione Europea ai Paesi più giovani sul fronte immigrazione una politica pienamente sbagliata. Sui diritti civili sposa in pieno la linea del partito e dell’episcopato polacco. Piena conservazione.

 

Con queste elezioni addio alla Polonia europeista dei liberal, e a rendere ancor più radicale e netta la svolta, arriva la notizia che per la prima volta dalla rivoluzione non violenta che restaurò la democrazia nel 1989 avviando la caduta dell’Impero sovietico e del Muro di Berlino, ogni forza di sinistra resta fuori dal nuovo Parlamento. La cancelleria a Berlino, la Commissione europea a Bruxelles, e la stessa Bce di Mario Draghi (la Polonia non è nell’eurozona ma il suo peso economico è determinante nel continente) temono scelte euroscettiche e contrarie a rigore e riformismo. Molti esprimono anche il timore di scelte autoritarie. Tradizionalismo e forte potere centrale sono affinità di cultura politica dei nazionalconservatori polacchi con la Fidesz, il partito di Orbàn. Ma l’autocrate magiaro è decisamente filorusso e amico e ammiratore di Putin, mentre il PiS è più ostile che mai al Cremlino, e ciò potrà complicare molto i loro rapporti.

 

Il problema delle vittorie degli estremisti sta sempre nel malcontento delle popolazioni, così è accaduto in Ungheria, così accade in Francia con la Le Pen e così è accaduto anche in Polonia. Le politiche sbagliate di Strasburgo e l’arroganza della Germania portano un malcontento generale nell’Ue, con le vittorie delle destre estreme.