Polonia: stravince la destra xenofoba

I dati ufficiali hanno confermato i numeri degli exit poll. In Polonia vince, anzi stravince, la destra ultranazionalista, euroscettica e xenofoba, mentre la sinistra resta fuori dal Parlamento per la prima volta dal dopoguerra.

poland15exitsCon il 37,58% dei voti, gli elettori polacchi hanno consegnato la maggioranza assoluta dei seggi a “Diritto e Giustizia” (PiS), il partito ultraconseratore dell’ex premier Jaroslaw Kaczynki, che resta il leader indiscusso nonostante il passo indietro in campagna elettorale per lasciare il ruolo di candidata premier alla cinquantaduenne Beata Szydlo. Per la prima volta dal 1989, la maggioranza assoluta della Sejm, la camera bassa polacca, sarà saldamente nelle mani di un solo partito, che potrà governare senza stringere alleanze: dei 460 seggi, infatti, 232 dovrebbero essere assegnati al PiS. Ma la vittoria – netta – della destra nazionalista non è la sola novità di questa tornata elettorale. Mentre i liberali centristi di “Piattaforma Civica” che hanno governato per otto anni sono crollati – nonostante abbiano guidato il Paese durante la crisi scongiurando la recessione – le forze di sinistra non sono riuscite a superare le soglie di sbarramento. Su nessuno dei seggi del Parlamento siederà un rappresentante dei progressisti: i cinque partiti che comporranno la Sejm, infatti, appartengono tutti all’area del centro e della destra. Oltre al PiS e a Piattaforma Civica, a spartirsi gli scranni saranno il movimento populista del rocker Pawel Kukiz – terzo partito del Paese con l’8,81% dei voti – seguito dal partito Moderno (Nowoczesna) del liberale Ryszard Petru e da quello dei contadini, alleati del governo uscente.

 

A guidare il Paese sarà dunque un governo monocolore la cui linea di condotta minaccia di far traballare ancor di più i già precari equilibri europei. Se è vero che i toni moderati hanno contraddistinto la campagna elettorale della Szydlo, il vero comandante del partito rimane Kaczynki, le cui posizioni radicali sono ben note. A preoccupare è soprattutto un possibile asse Ungaro-Polacco. Uno degli slogan che è risuonato nelle ultime settimane è «Portare Budapest a Varsavia»: un riferimento alla battaglia di Orban contro le banche, senza dubbio, ma anche un richiamo alla politica di ferro del premier ungherese contro l’immigrazione. Proprio sul tema migranti si attende una stretta da parte del nuovo governo polacco: il Pis ha fatto capire chiaramente in campagna elettorale di non volere i rifugiati, paventando anche la minaccia dei “migranti-untori” portatori di epidemie. Uno dei fattori che ha permesso al PiS di trionfare è proprio l’aver cavalcato il sentimento anti-migranti di larga parte della popolazione e c’è da credere che una delle prime mosse sarà proprio un allontanamento della politica di accoglienza dell’Europa unita. Questo potrebbe compromettere i rapporti con la Germania della Merkel – duramente criticata durante la campagna elettorale – e, più in generale, con l’Unione. Ma la tensioni potrebbero concentrarsi soprattutto sul versante russo: non solo Koczynki auspica una presenza più forte della Nato sul territorio polacco, ma chiede riaprire subito l’inchiesta sul disastro aereo del 2010 che costò la vita al fratello gemello – e Presidente della Polonia – Lech. Secondo il leader del PiS, infatti, dietro allo schianto del Tupolev ci sarebbe proprio Mosca.

 

E la politica interna? Diritto e Giustizia ha promesso assegni familiari che dovrebbero arrivare fino a 125 per ogni secondo figlio sotto i 18 anni, assistenza gratuita agli anziani, un abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni per le donne e 65 per gli uomini e agevolazioni alle imprese che usano tecnologia polacca. Misure che dovrebbero essere finanziate grazie a tasse alle multinazionali e alle banche straniere, sul modello ungherese, ma che secondo le opposizioni potrebbero costare alle casse statali oltre sessanta di miliardi di euro in pochi anni. Sul fronte dell’etica e diritti civili, invece, lo scenario più probabile è quello di un allineamento alle posizioni della chiesa cattolica polacca: un attacco frontale all’aborto e alla fecondazione assistita e chiusura netta sulle unioni civili.