A Napoli non piove mai, la scommessa vinta di Sergio Assisi
A cimentarsi nel delicato tentativo di raccontare la filosofia di vita del popolo partenopeo senza rimanere intrappolato in ingombranti cliché è questa volta Sergio Assisi. La sua opera prima A Napoli non piove mai, di cui è attore, regista e sceneggiatore, è la sfida vinta di un cinema low budget fertile di ironia ed originalità. Tra quartieri caratteristici, panni stesi al sole e adorabili scorci cittadini, il romanticismo della realtà partenopea incontra la dimensione fantastica di situazioni che hanno il sapore della favola, in un mix che regala al pubblico tutti gli ingredienti per una commedia piacevole. Un omaggio alla terra d’origine del regista che si propone come una caccia al dettaglio, denso com’è di immagini chiave e rimandi alla scuola napoletana, da Massimo Troisi a De Filippo.
La regia non scontata, esuberante ed ironica, veste la sceneggiatura divertente che tratta dell’incontro paradossale tra una restauratrice neolaureata affetta dalla sindrome di Stendhal (Sonia), un napoletano di quarant’anni affetto dalla sindrome dello scansafatiche (Barnaba), e una vittima della sindrome dell’abbandono (Jacopo). I tre sono lo stesso Sergio Assisi, la dolcissima Valentina Corti, nota al grande pubblico nelle vesti di Sara Martini de Il medico in famiglia ed Ernesto Lama, attore teatrale napoletano. Certo che San Gennaro possa fargli il miracolo di ricaricargli il bancomat, Barnaba continua a pregare il santo proprio nella chiesa dove arriva Sonia per restaurare un dipinto. Il rapporto tra i tre diventerà un esercizio per superare le rispettive “sindromi” e affrontare la vita con ottimismo e positività, come se ci fosse sempre il sole, convinti che, appunto, a Napoli non piova mai. Ad impreziosire il cast protagonisti che riesce difficile definire “secondari”, vista la caratterizzazione irresistibile dei personaggi che interpretano, e cioè i napoletani Nunzia Schiano e Sergio Solli. Il paradosso dell’attrazione tra poli opposti riesce nella sua assurdità senza sfociare nel ridicolo, ma rimanendo nella dimensione del buffo. Il ricorso a immagini note della cultura napoletana si ferma ad essere un prezioso e irresistibile arricchimento alla trama, senza diventarne noiosa sostanza strutturale. Per un risultato che è da considerarsi una piacevole vittoria di Assisi contro il pregiudizio verso chi, dalla tv, tenta il salto mortale al cinema.