16 Ottobre 1943: “Il sabato nero” di Roma

Roma. Ghetto Ebraico.

72 anni fa, all’alba del 16 ottobre 1943 il capitano delle SS Theo Dannecker con a seguito 365 uomini trasformò un sabato qualunque in quello che oggi viene ricordato come il “sabato nero”.

Ore 5:15. Gli ordini che ruppero il silenzio furono “esaustivi”:

1. insieme con la vostra famiglia e con gli altri ebrei appartenenti alla vostra casa sarete trasferiti.

2. bisogna portare con se:

a) viveri per almeno 8 giorni

b) tessere annonarie

c) cartà d’identità

d) bicchieri

3. non si puo portare via:

a) valigietta con effetti personali, biancheria personale, coperte etc etc

b) denaro e gioielli

4. chiudere a chiave l’appartemento della casa.

5. ammalati anche casi gravissimi non possono rimanere indietro. L’infermeria si trova al campo.

6. 20 minuti dopo la presentazione di questo biglietto la famiglia deve esere pronta a partire.

Sei giorni dopo il rastrellamento 1024 persone (tra cui più di 200 bambini) erano già al campo di concentramento di Auschwitz. Solo 16 di loro ritornarono a casa dalla Polonia. Tra i superstiti nessun bambino. 15 uomini e ed una donna.

Oggi all’alba di un nuovo 16 ottobre bisogna essere consapevoli che nella memoria vive il riscatto e nell’oblio la rovina.

Si dice che i pesci rossi abbiano una memoria di tre secondi e che poi dimentichino tutto. In determinate circostanze probabilmente verrebbe in mente di invidiarli, ma senza ombra di dubbio Mario Rigoni Stern lo accuserebbe di essere un pover’uomo. Definito da Primo Levi come uno dei più grandi scrittori italiani, anche lui deportato, scrisse a proposito della “dimenticanza”:

La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita.

 

Ed è stata proprio questa consapevolezza che ha spinto alcuni tra i sopravvisuti al “sabato nero” a collaborare alla realizzazione nel 2009 del volume “Il libro della Shoaa Italiana” di Marcello Pezzetti.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”

Così scrisse Primo Levi nel celebre libro “Se questo è un uomo” e seppure con parole diverse analogo è il messaggio che Enzo Camerino, uno dei sopravvissuti alla deportazione, riporta in un intervista nel 2013. Avere la possibilità di poter ricevere il dono della memoria altrui, nonostante ciò che abbia significato, sembra abbia il potere di render migliore la vita di chi ce la racconta. Se riuscissimo ad aquisirla diventerebbe per noi una nuova vita, preziosa da custodire.

Certo la memoria richiede predisposizione all’ascolto ed attenzione.

Senza la prima risulterebbe impossibile qualsiasi comunicazione. Persino le epigrafi nel ghetto ebraico a quel punto non diventerebbero altro che pezzi di marmo.

E senza la seconda svanirebbe quella consepevolezza che ci permetterebbe di vivere la quotidianità con occhi diversi.Chiunque viva Roma o la visiti, ad esempio, potrebbe attraversare quello che comunemente viene chiamato “Cavalcavia Ostiense” e non dimenticare che in realtà sta percorrendo il Ponte Settimia Spizzichino, unica donna sopravvisuta al rastrellamento del 16 Ottobre 1943.