Yemen, una guerra infinita
Solo pochi giorni fa 15 soldati della Coalizione araba dei Paesi del Golfo e dei loro alleati yemeniti sono stati uccisi in diversi attacchi su Aden, compreso quello sull’hotel Al Qasr ad Aden che ospita il premier, Khaled Bahah, e altri esponenti del governo yemenita. L’agenzia di stampa Dpa, riferisce che lo Stato Islamico rivendica la responsabilità degli attacchi ad Aden.
In Yemen è in corso una guerra civile che ha visto i ribelli sciiti Houthi, sostenuti dall’Iran e dall’ex presidente Ali Abd Allah Saleh, prima conquistare la capitale Sanaa e poi estromettere l’attuale presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Quest’ultimo ha chiesto aiuto ad una colazione sunnita guidata dall’Arabia Saudita, dove si è rifugiato, che dal 26 marzo ha avviato una campagna di raid contro gli Houthi. La situazione in Yemen è molto tesa da mesi, tanto da sfociare in una vera guerra civile. È anche molto complicata da capire, perché ai gruppi ribelli locali si sono affiancati paesi esterni e le rivalità personali di esponenti politici yemeniti. La storia recente dello Yemen è cambiata all’improvviso tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando Ali Abd Allah Saleh, il capo del paese da oltre trent’anni, ha lasciato il potere a seguito delle proteste della cosiddetta “Primavera araba”, che in Yemen è stata guidata soprattutto dagli Houthi e dal gruppo Islah, dove c’erano anche i Fratelli Musulmani yemeniti. Saleh governava il paese dal 1978, prima solo lo Yemen del Nord poi tutto il paese dopo l’unificazione. Dopo molte pressioni, Saleh ha accettato di lasciare il potere e Abdel Rabbo Monsour Hadi è diventato il nuovo presidente. Gli Stati Uniti hanno collaborato molto con Hadi, anche perché condividono due grandi avversari, al Qaida nel sud e i ribelli sciiti Houthi nel nord del paese. Nella realtà, Saleh non ha mai lasciato davvero il potere. È rimasto a Sana’a, nel suo palazzo presidenziale, rimasto leader del suo partito e controlla parte dei funzionari al governo e dei militari nelle posizioni chiave dell’esercito. È stato un compromesso accettato anche dai sauditi, che lo hanno giustificato come necessario per evitare una guerra civile nel paese. La situazione dello Yemen è complicata ancora di più dalla forte presenza di al Qaida che controlla alcuni territori nel sud del paese.
Nonostante il grande disinteresse della stampa internazionale, ci sono vari motivazioni per cui i paesi arabi, con gli Stati Uniti, che hanno deciso di cominciare una guerra in Yemen. Lo Yemen si trova in una posizione strategica, controlla metà stretto di Bab el Mandeb, che collega il Mar Rosso con il Golfo di Aden e che è una via di commercio importante, anche per il passaggio del petrolio. Parte del suo territorio meridionale è controllato da al Qaida in Yemen, che oggi è la divisione di al Qaida più pericolosa. Con l’allontanamento dal potere di Hadi il rischio è che l’amministrazione americana perda un importante alleato contro al Qaida. In più,lo Yemen è considerato uno stato ormai completamente fallito e conteso da due tra i paesi più influenti del Medio Oriente, Arabia Saudita e Iran. Non è la prima volta che sauditi e iraniani si confrontano direttamente per mantenere l’influenza in un paese del Golfo.
Non sembra ottenere grandi risultati l’azione militare diretta dall’Arabia Saudita, alla guida di una coalizione che comprende i paesi del Golfo, tranne Oman, Egitto, Sudan, Marocco e la Giordania. Una coalizione che gode sostegno logistico e politico degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali, su tutti l’Italia, che per altro, rifornisce la macchina bellica impegnata in Yemen e che si pone come obiettivo quello di rimettere al potere il dimissionario presidente Hadi. Cacciati gli Houthi da Aden, la capitale del Sud, sono spuntati i qaedisti, simpatizzanti per l’ISIS, e gli indipendentisti del Sud che hanno combattuto volentieri per cacciare i nemici del Nord, e che ora vogliono l’indipendenza e non ne vogliono sapere del governo Hadi. Proprio il governo che invece i sauditi meditavano d’installare proprio ad Aden.
L’Unicef ha più volte lanciato l’allarme contando ogni giorno la morte di otto bambini. Dall’inizio dei combattimenti fino ad agosto di quest’anno, le Nazioni Unite hanno registrato un totale di almeno 1.950 civili uccisi e 4.271 feriti. Di questi, 400 morti e oltre 600 feriti sono bambini. In tutto il Paese, quasi 10 milioni di bimbi hanno bisogno di assistenza umanitaria urgente, mentre il numero di piccoli reclutati o impiegati in guerra sale sempre di più. Una scia di bombardamenti e scontri sia nel nord che nel sud colpisce soprattuto la popolazione civile, stretta nella morsa delle violenze. Da una parte i continui attacchi aerei della coalizione a guida saudita e dall’altra le forze sul terreno che sostengono o combattono i ribelli sciiti Houthi.
In più, come riportato dall’Espresso, in questo scenario due inchieste giornalistiche hanno portato alla luce il probabile utilizzo da parte dell’Arabia Saudita di bombe prodotte ed esportate dall’Italia dalla Rwm Italia. La prima è un lavoro del giornalista irlandese Malachy Browne per il sito di informazione Reported.ly, la seconda, pubblicata da Famiglia Cristiana, è firmata da Luigi Grimaldi.
Una guerra, quella dello Yemen, che forse è arrivato il momento di portare a termine, per tutte le conseguenze che possono derivare non solo all’interno del Paese ma anche fuori, con atti di terrorismo nei confronti dell’Occidente e dei Paesi del Medio Oriente coinvolti.