Nell’Europa unita tutti vogliono l’indipendenza
Barcellona indipendente dalla Spagna? Nei prossimi diciotto mesi vedremo se la coalizione separatista che ha vinto le elezioni – aggiudicandosi la maggioranza dei seggi ma non quella delle urne – riuscirà nell’intento di strappare la regione più ricca dello Stato all’egida di Madrid. La vittoria degli indipendentisti catalani, però, potrebbe avere un effetto ben più immediato: rinvigorire i focolai secessionisti più o meno attivi nel cuore dell’UE. Dalla Gran Bretagna al Belgio (dove gli autonomisti fiamminghi del N-Va sono diventati la prima forza politica del Paese), infatti, sembra che nell’Europa unita tutti fremano per separarsi.
La Spagna è il Paese europeo che sembra subire di più le spinte centrifughe: a volersi staccare da Madrid oltre alla Catalogna ci sono i baschi – l’ETA ha interrotto la lotta armata solo nel 2011 – gli Andalusi e molti tra gli abitanti di Galizia, Canarie e Aragona. Il vento dell’indipendenza, però, soffia in tutto il Vecchio Continente, che pullula di sigle e partiti grandi e piccoli che hanno come obiettivo principale – quando non come unico obiettivo – quello di staccarsi dalla capitale e (ri)conquistare l’ indipendenza.
Il fallimento del voto dello scorso anno, che ha visto trionfare gli unionisti con il 55,3% dei voti, non ha abbattuto gli indipendentisti scozzesi, che stanno già pensando di indire referendum per dire addio a Londra. Anche se per ora la data è lontana (si parla – forse – del 2021) a ventilare l’ipotesi è Nicola Sturgeon, Primo Ministro scozzese e leader dello Scottish National Party. Del resto, alle politiche di maggio gli elettori hanno deciso di premiare con il risultato senza precedenti di 56 seggi su 59 proprio l’SNP, principale promotore del referendum secessionista del settembre 2014 e ormai terzo partito del Paese. Ma non sono solo i secessionisti col gonnellino a non voler più sventolare Union Jack: la spinta indipendentista rimane forte nell’EIRE, dove l’IRA ha deposto le armi nel 1996, ma anche in Cornovaglia e Galles, dove a chiedere il distacco dalla Gran Bretagna sono rispettivamente il Mebyon Kernow e Plaid Cymru.
Anche dall’altro lato della Manica, però, non manca chi rivendica l’indipendenza. Il Fronte di Liberazione Nazionale della Corsica – attivo dal 1976 – dopo anni di lotta armata ha deciso di tentare “un processo di demilitarizzazione e un’uscita progressiva dalla clandestinità” e una risoluzione politica dello scontro che per anni l’ha contrapposto a Parigi, che ha deciso di fare alcune concessioni agli abitanti dell’isola. A voler dire “adieu” alla Francia sono anche i Berretti rossi della Bretagna, dove a volere l’ indipendenza sarebbe il 20% dei cittadini, e gli Occitani, secondo cui la regione della langue d’Oc (si parla di un’area su cui vivono almeno 13 milioni di cittadini francesi, spagnoli e italiani) dovrebbe essere uno Stato a sé. Uno Stato che non è mai esistito indipendentemente (se si esclude una breve parentesi durante l’occupazione nazista), la cui unità dovrebbe basarsi proprio sul dialetto dei trobadours.
A reclamare l’indipendenza di uno Stato mai esistito – ma che non può nemmeno vantare una lingua comune – sono anche gli italianissimi leghisti, che da oltre venticinque anni rivendicano la sovranità della Padania. Anche se il partito ora guidato da Salvini si è più volte seduto sui banchi del governo centrale e negli ultimi mesi è sembrato pronto ad abbandonare le velleità separatiste per riciclarsi come partito nazionalista, la Lega Nord per l’ Indipendenza della Padania (questo è tutt’ora il nome completo del partito) ha egemonizzato a lungo il panorama secessionista italiano, oscurando le altre numerose realtà. Nel Belpaese storicamente diviso, infatti, i desideri d’ indipendenza non sono mai stati sopiti. Oltre al Veneto, sono soprattutto le regioni che già beneficiano dello statuto speciale a volersi rendere autonome, ma non mancano le sorprese. È il caso, ad esempio, di “Toscana Stato”, che non si accontenta di chiedere lo statuto speciale ma sogna addirittura il ritorno al Granducato.