Putin alleato di Assad contro l’Isis e il Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi
La Russia sarebbe pronta a partecipare all’azione internazionale contro i jihadisti dello Stato Islamico. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e quello americano John Kerry ne avrebbero già parlato durante una conversazione telefonica lo scorso anno, poi sembra che nessuna delle due parti se ne sia preoccupata più.
Del resto, Mosca è il più importante alleato di Bashar Assad, che ha sempre difeso al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ponendo il veto a ogni risoluzione presentata dall’Occidente in cui si esprimessero critiche a Damasco.
Putin però è pronto a scendere in campo anche in Libia, nonostante ci sia una parte dell’Occidente che continui a considerare il leader russo come il principale nemico. I terroristi dell’Isis vanno fermati e Mosca potrebbe rivelarsi fondamentale. Fu proprio il rappresentante permanente russo all’Onu, Vitali Ciurkin, che non escluse, nel febbraio scorso, la partecipazione di Mosca a un’eventuale coalizione internazionale contro lo Stato islamico in Libia, in particolare garantendo un blocco navale per impedire l’arrivo di forniture di armi ai terroristi.
Ritornando al caso siriano, Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che: “esperti militari russi aiutano i siriani a padroneggiare le strumentazioni russe”, aggiungendo: “abbiamo fornito alla Siria armi e attrezzatura militare per moltissimo tempo”, e non nasconde il fastidio di Mosca per le preoccupazioni americane ed europee. L’escalation russa al fianco di Damasco ha preoccupato non poco gli Stati Uniti. Per il Segretario di Stato Usa, John Kerry, le mosse di Mosca porterebbero verso: “più aspre violenze e non sarebbero affatto di aiuto”. L’azione della Russia mira a difendere la posizione del presidente siriano Assad, cosa che invece non piace a Washington. Mentre Francia e Gran Bretagna iniziano le operazioni aeree contro lo Stato Islamico, la Germania ci va cauta e, tramite il ministro degli Esteri, fa sapere che serve una soluzione politica.
La Russia intanto va avanti, con la Zakharova che rincara la dose: “Se saranno richieste misure aggiuntive da parte nostra per aumentare il sostegno alla lotta contro il terrorismo daremo un’adeguata valutazione alla questione”. Del resto ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che: “la Russia continuerà a fornire equipaggiamenti militari per potenziare le capacità di difesa dell’esercito regolare siriano”. Intanto, in Siria, sono arrivati aerei cargo presso l’al-Assad International Airport, a sud di Latakia e le due navi da sbarco giunte nella base di Tartus, decine di blindati BTR-82A russi sono sbarcati sulle coste siriane e queste potrebbero già essere in battaglia contro l’Isis. In realtà i rapporti tra Siria e Russia non sono mai cambiati, Mosca ha sempre fornito armi, consulenti ed attrezzature militari. Tra il 2009 ed il 2011 la Russia garantiva il 71% di tutte le forniture militari siriane, la maggior parte delle quali dedicate ai sistemi di difesa aerea.
Nei giorni scorsi anche Silvio Berlusconi, andando da Vladimir Putin in Crimea, dove nei mesi scorsi si sono avvicendati altri politici del vecchio continente, l’ex premier italiano in collegamento con Fiuggi ha detto di essere là “per contribuire alla nascita di una grande coalizione internazionale per sconfiggere l’Isis, una grande coalizione con Europa, Federazione russa, Stati Uniti e naturalmente Nato sotto la bandiera delle Nazioni unite”. Il tutto dopo che già il Cremlino aveva lasciato intendere che l’incontro Putin-Berlusconi, al di là della visita privata, avrebbe avuto anche una dimensione di confronto su affari internazionali e le questioni regionali più urgenti. Compresa la minaccia dell’Isis.
La Russia ha fatto la scelta di stare con Assad contro il Califfato, costringendo gli Stati Uniti a decisioni estremamente difficili ma che non possono essere più rinviate. Tenendo conto della debolezza russa e delle contraddizioni americane, l’unica via possibile è un compromesso fra queste due grandi potenze in modo da lottare insieme contro il terrorismo e preparare, nei tempi e nei modi opportuni, la successione di Assad. Il caso iracheno e quello libico dimostrano che l’abbattimento di un regime autoritario, senza preparare le soluzioni per il dopo regime, porta solo a ulteriori problemi e più gravi tragedie. Ovviamente a queste due potenze non può più stare a guardare l’Ue, con le continue divisioni tra i membri, di cui Francia e Gran Bretagna, pronti a inviare militari per far fronte all’Isis senza nemmeno interpellare l’Unione a cui fanno parte, la Germania invece che invoca ancora la via diplomatica ma senza dare una risoluzione e, per finire, un’Italia sempre più insignificante che non riesce a dare voce in capitolo, o nemmeno a provare a dire la sua al riguardo.