Negli USA si muore ancora di 11 settembre?
A quattordici anni esatti dal compimento dell’attentato terroristico che sta cambiando il corso della storia, possiamo dire che le vittime di quei fatti continuano a crescere.
Volendo tacere, per motivi di spazio, sulle catastrofiche perdite di vite umane in Afghanistan ed in Iraq, paesi addirittura invasi per ritorsione, negli USA il conto delle vittime continua a salire e continuerà a farlo.
In prima linea ci sono e lo si temeva già da allora, tutte quelle persone che prestarono soccorso l’11/9 e che nei giorni seguenti lavorarono a Ground Zero: vigili del fuoco, agenti della polizia locale e della polizia portuale, netturbini, operai. La riduzione in polvere di due grattacieli costruiti con materiali come amianto e altre squisitezze simili rese l’aria molto pericolosa da respirare, e già in quei giorni si era sollevato il problema. Ora sappiamo per certo che circa un migliaio di persone da allora sono morte a causa delle inalazioni tossiche infatti sono già centinaia i casi accertati e addirittura risarciti. Le stime per il futuro ovviamente non sono univoche ma si parla di migliaia di ulteriori casi.
Ma non è tutto. Nel corso degli anni, come tutti sanno, sono sorte perplessità su ciò che sia davvero successo nello spazio aereo americano quel fatidico 11/9. Non pochi testimoni oculari o persone poi coinvolte a vario titolo nelle indagini hanno smentito la verità ufficiale con dichiarazioni pubbliche, finendo però semplicisticamente bollati come “complottisti”. Ebbene tra il 2007 ed il 2009, nell’arco quindi di appena due anni, molte di queste persone sono morte in modo violento. Chi indubbiamente ucciso, chi “suicidato”, molti sono morti in incidenti stradali e domestici dei più strani.
Salvatore Princiotta era un vigile del fuoco, tra i primissimi ad arrivare sul luogo degli attentati, è stato ucciso a colpi di rivoltella; David Graham che aveva visto alcuni attentatori nei giorni immediatamente prima dell’attentato è stato trovato avvelenato. Strani sarebbero il suicidio di Kenneth Johanneman, che lavorava nel WTC e fu testimone di una forte esplosione nel seminterrato, e gli incidenti che hanno colpito gente come Michael Doran, avvocato volontario per le vittime dell’11 settembre. L’elenco potrebbe continuare visto che le morti sospette sono almeno una quindicina.
Ancora più scioccante è invece ciò che è successo a cavallo tra l’11 ed il 12 febbraio scorsi. Infatti in poco più di 24 ore sono morti, in modo sospetto, tre giornalisti di prim’ordine nel panorama dell’informazione statunitense che stavano pubblicando un documentario in cui avrebbero rivelato le prove del coinvolgimento dell’amministrazione USA nei fatti dell’11 settembre. I tre sono:David Carr, prima impiegato al The Atlantic Monthly poi passato al New York Magazine e nel 2002 al New York Times. Robert Simon, per decenni corrispondente per la CBSNews, ha lavorato al programma 60 minutes e ha più volte vinto l’Emmy Awards, riconoscimento che nel giornalismo ha lo stesso valore che ha il Grammy nella musica. Il terzo è Ned Colt, corrispondente per l’estero della NBC, inviato in Iraq e lì anche fatto ostaggio da parte di gruppi terroristici. I tre, avevano creato una società di comunicazioni e tramite questa si accingevano a produrre il suddetto documentario che in parte pare si basasse su documenti forniti dal Cremlino. Sembra che i russi abbiano consegnato ai giornalisti copia di ciò che i loro satelliti avevano registrato sui cieli degli States quel fatidico 11 settembre. A rendere ancora più interessante la cosa è il fatto che David Carr è morto subito dopo aver intervistato Snowden, l’ex agente dell’NSA fuggito prima ad Hong Kong e poi in Nuova Zelanda portandosi dietro tanti segreti delle agenzie di intelligence USA.
Quando finirà l’11 settembre?