Roma-Real Madrid e l’aspetto surreale dell’ 11 settembre

Sono passati ormai 14 anni dal drammatico attentato alle Torri gemelle dell’ 11 Settembre 2001 che causò quasi 3000 morti negli Stati Uniti. Una data che ha segnato la storia, cambiando radicalmente l’atteggiamento dell’occidente nei confronti di altre culture. Eppure, in quello stesso giorno, in Europa si creò un atmosfera surreale, ci si trovava di fronte ad un dramma così lontano ma al tempo stesso così vicino a noi, da creare quasi una dissonanza cognitiva all’interno delle nostre coscienze . Quello dell’ 11 Settembre sarà un lutto che ognuno di noi, a suo modo,  inevitabilmente porterà dentro. Eppure, il dramma quel giorno si scontro’ con la quotidianità europea che, tra le varie cose, era in estasi per le partite di Champions League in programma quella stessa sera. A posteriori, le partite costituiscono un dettaglio irrilevante a cospetto di una strage come quella delle Torri Gemelle, eppure, in quel clima surreale e dissonante che ho descritto poc’anzi, l’ attentato non convinse la Uefa al a rinviare gli eventi calcistici in programma. Insomma, the show must go on.

In  realtà , quella sera c’è stato tutto tranne che uno show, perché i calciatori stessi, che prima ancora sono esseri umani, erano profondamente scossi dal dramma che ha sconvolto gli Stati Uniti. Gli italiani ricorderanno bene che una delle partite in programma era Roma – Real Madrid, una gara storica per i tifosi giallorossi che, pochi mesi dopo la conquista dello scudetto, avrebbero assistito al ritorno della Roma tra le regine d’ Europa, contro i Galacticos. Sul campo invece si è visto tutt’altro che uno spettacolo, come ha descritto anni dopo Vincenzo Montella a Sky, allora protagonista di quella gara surreale : “la testa era altrove per quanto stava succedendo, non c’era la necessaria serenità, la concentrazione che ci vuole per disputare un incontro così importante. Ci guardavamo in faccia soltanto in attesa di avere qualche novità. Finché, all’ultimissimo istante, non ci comunicarono che si sarebbe giocato”.

In occasione di Roma-Real Madrid si opto’ per il lutto al braccio ed il minuto di silenzio prima del match, mentre le gare in programma il giorno seguente furono rinviate. All’epoca le autorità Uefa erano probabilmente scosse quanto noi, ma avevano la grande responsabilità di prendere una decisione pur essendo vittime della confusione che si era creata quella sera, tale da impedirgli di distinguere lucidamente ciò che è vicino da ciò che è lontano, in termini sia umani che chilometrici.

Anche in questo caso, le parole di Montella possono farci comprendere la difficoltà di prendere una decisione che, adesso, sembra più che scontata: “a posteriori è facile rintracciare una soluzione, ma erano tanti i fattori da prendere in considerazione, a cominciare dal rispetto dell’ordine pubblico: lo stadio era stracolmo, c’erano 70 mila spettatori che fremevano dalla voglia di tornare a respirare il grande calcio. Certo, con il senno di poi sarebbe stato più giusto rimandarla: non si comprese la gravità della situazione “.

La situazione paradossale che si creò quell’ 11 Settembre, potrebbe essere uno spunto per aiutarci a comprendere il labile confine che c’è tra il dramma e lo show. Siamo in un momento storico in cui la foto del bambino siriano morto sulle spiagge di Bodrum ha la potenza di  cambiare le politiche mondiali ma al tempo stesso si ha il coraggio di condannarne la pubblicazione; ma anche in un periodo in cui il dramma viene spettacolarizzato dai media con troppa superficialità. Di questo passo, si rischia di restare impassibili e distaccati di fronte a realtà struggenti umanamente molto vicine a noi (come successe l’ 11 Settembre in occasione della Champions) e, al tempo stesso, di scandalizzarsi se due Casamonica vengono invitati in televisione da Bruno Vespa. Insomma, il classico caso in cui si guarda il dito e non la luna.