Colombia-Venezuela: frontiera incandescente
C’è una frontiera dove la tensione in questi primi giorni di settembre è salita alle stelle. Non stiamo parlando dell’Ungheria, dove migliaia di disperati cercano ancora un barlume di speranza, ma della frontiera tra Venezuela e Colombia, dove dal 21 agosto vige lo stato di eccezione.
In parole povere lo stato d’eccezione non è che la chiusura sorvegliata del tratto di frontiera tra Colombia e Venezuela, che sorge nello stato del Tachira, in Venezuela. La decisione è stata presa in via del tutto eccezionale e provvisorio dal Presidente venezuelano Nicolas Maduro durante gli ultimi giorni di agosto in seguito all’aggressione di alcuni frontalieri venezuelani da parte di un gruppo paramilitare colombiano. In prima battuta, il provvedimento è stato approvato all’unanimità dal parlamento venezuelano con una durata di 72 ore, successivamente prolungata per un tempo indefinito, visto l’aumentare della tensione. Onde evitare il precipitare degli eventi, Caracas ha subito attivato un corridoio umanitario per consentire il transito delle emergenze.
Per sospendere la chiusura della frontiera il governo venezuelano chiede alle autorità colombiane di normalizzare la situazione lungo il tratto interessato poiché, come è emerso in seguito ad indagini dei reparti venezuelani e di associazioni di cittadinanza, in quella terra di nessuno tra i due Paesi è presente una concentrazione molto alta di attività criminali e terroristiche, legate innanzitutto al contrabbando.
Per una volta non si traffica soprattutto droga, ma carburante, alimenti, beni sussidiati e denaro. Il traffico di carburante si spiega con i costi molto bassi in Venezuela (dove il pieno per una grossa auto costa meno di un dollaro) e si quantifica in almeno 40 milioni di litri sequestrati finora al confine; i beni alimentari, insieme a quelli sussidiati, sono invece la base dell’attività clandestina colombiana a ridosso dello Stato di Tachira, dove a detta dei commercianti, più dell’80% della merce è di provenienza venezuelana. Sugli alimenti in particolare il sistema assistenziale venezuelano tende a garantire un’equa distribuzione, tuttavia, nonostante nel Tachira risieda il 4,5% della popolazione, il consumo di cibo arriva fino all’8,5 del totale: praticamente la metà di quel che arriva nel Tachira se ne va in Colombia con il contrabbando, fidando anche su una vasta rete di corruzione.
Più delicate le questioni legate alle attività paramilitari e al contrabbando di denaro. Oltre ai ripetuti attacchi alle unità di frontiera venezuelane, è provata l’attività di gruppi paramilitari colombiani durante le tensioni che hanno scosso il Venezuela nell’ultimo periodo. Dopo la chiusura della frontiera è stato rinvenuto un bunker dove erano stipate armi e divise militari, probabilmente adibito anche al sequestro di persone (altra spina nel fianco per il governo di Caracas).
Il traffico di denaro serve anzitutto ad alimentare il contrabbando; a Cucuta, cittadina colombiana di frontiera in cui risiedono 566.000 abitanti, esistono oltre 1.000 locali in cui si può cambiare denaro venezuelano e dollari ottenuti al tasso agevolato (e circa 3.000 lungo la frontiera). Particolarmente dannoso, per la stabilità economica venezuelana, è il traffico delle banconote da 100 bolivar, smerciate prima in Colombia per poi tornare in Venezuela o finire occultate dalle mafie nordamericane (legate al sito Dolar Today e a gruppi di venezuelani emigrati in nord-america) e colombiane per causare la penuria di tagli da 100 e costringere il Paese a nuove emissioni, salvo poi rimetterle in circolazione per favorire la svalutazione.
In questi giorni i due Paesi hanno richiamato gli ambasciatori e il governo di Bogotà, mentre l’ex presidente Alvaro Uribe si recava alla frontiera come difensore dei diritti umani di circa 1000 colombiani irregolari respinti, ha chiesto l’intervento dell’Organizzazione degli stati americani (Osa), rifiutato dalla stessa organizzazione. Parallelamente sono state richieste una commissione d’inchiesta e una discussione al tavolo dell’Unasur (voluta anche dal Venezuela), rimandata però all’8 settembre.
La replica di Maduro, e delle associazioni di colombiani residenti in Venezuela che hanno dato il loro appoggio al governo bolivariano, alle accuse del presidente colombiano Santos è stata chiara: “Abbiamo insegnato a leggere e a scrivere a oltre 200.000 colombiani, perché in Colombia l’educazione è privata e i poveri non hanno diritto allo studio”. Infatti in Venezuela abitano oltre 5,6 milioni di colombiani, che usufruiscono delle politiche sociali garantite dallo Stato come ogni venezuelano.
Da più parti inoltre arriva l’accusa al governo di Bogotà di destabilizzare la frontiera per far fallire il processo di pacificazione interna (il Venezuela è un facilitatore ai negoziati per la risoluzione del conflitto tra Farc e governo). In proposito le Farc hanno già espresso la loro solidarietà al governo di Maduro, mentre il Procuratore generale Alejandro Ordoñez e il Presidente Santos hanno proposto di escludere il Venezuela dal gruppo dei facilitatori.