Homo homini lupus

berluscbresciaBrescia, tardo pomeriggio di un sabato sera come tanti altri: Piazza Duomo è animata da una manifestazione del Popolo della Libertà. Atteso Silvio Berlusconi sul palco.

A due giorni dalla sentenza di secondo grado che lo condanna quale frodatore di Stato e ne sottolinea la «naturale tendenza a delinquere», la replica è forte, netta e chiara e non si fa attendere.

Il palco è allestito e gli “ospiti” arrivano in città. Numerosi pullman – la maggior parte provenienti da regioni lontane e da circoli annessi – affollano il capoluogo lombardo, ma l’accoglienza è diversa da quella prevista; centri sociali, ragazzi aderenti a falangi di sinistra, volontari del Movimento 5 Stelle ma anche e soprattutto semplici cittadini indipendenti, regalano un boato di fischi e grida nei confronti dei componenti del centro destra. Brunetta, Gelmini, Alfano, Santanchè sono costretti a farsi scortare ai relativi hotel dai carabinieri: troppo aspre le contestazioni. La piazza, al momento della salita ‘on stage’ del Cavaliere è spaccata: ammessi sotto il palco i sostenitori azzurri, in festa alla vista del proprio idolo. Dall’altra parte, più indietro, l’altra metà della mela, separata da un cordone di caschi blu.
Si accende la TV: a questo punto si ha l’impressione di una festa unicolore che pende dalle labbra del Silvio d’Arcore. Ma non è così. Le grida degli irriducibili bresciani che circondano la piazza, spesso subissano le parole del capo spirituale del PDL ricalcando le scene di Udine, un mese fa.
Il copione è sempre lo stesso; dai giudici ai comunisti «ma neanche tanto, visto che ora ci sono al Governo assieme» (endorsement?), per concludere con il toccasana 2.0: «Grillo», il cui nome scandito due volte è accolto dai rumori di dissenso della piazza.

Quindi arriva la perla finale, il paragone: «ieri sera ho visto le immagini di Tortora quando diceva ai giudici ‘io sono innocente e spero dal profondo del mio cuore che lo siate anche voi’. Ed è questo il sentimento di tantissimi italiani che ogni giorno entrano nel tritacarne infernale della giustizia». Eppure, le differenze saltano all’occhio. Tortora in primis, quelle frasi le pronunciò in Tribunale, lo stesso dove Berlusconi raramente si vede mentre sovente fanno capolino, alle porte, i suoi sostenitori à la ‘Il Caimano’. In secundis, Tortora fu accusato di spaccio di droga e vicinanza alla camorra, accuse ben diverse da quelle dei processi in corso a carico del Cavaliere (corruzione di parlamentari, prostituzione minorile, concussione aggravata, rivelazione di segreti d’ufficio e il già citato caso Mediaset).
In più, il presentatore di Portobello in carcere ci passò, realmente, 7 mesi della propria vita. Ma non importa: «l’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia». Il sipario è calato, gli applausi sono sopraggiunti e, con essi, l’assordante silenzio del Colle dichiarano il vincitore.
Chapeau!

di Mauro Agatone

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