Vivere Senza Psicofarmaci: è possibile?
Una testimonianza forte, bella, intensa e coraggiosa: la mamma di P. E’ una testimonianza (registrata) dura quella che raccogliamo oggi. Dura perché si racconta la storia di una ragazza in difficoltà, senza edulcorarla. Dura perché la realtà di cui parliamo non si può definire con termini più delicati. Eppure, è una testimonianza di forza e di grossissima speranza.
Di chi stiamo parlando?
Stiamo parlando di mia figlia, la più grande. Ora, a settembre, farà 34 anni.
Una storia di tossicodipendenza alle spalle da 10 anni, fino ad arrivare alla droga più pesante. Un disastro, questi 10 anni, per cercare di convincerla ad uscirne. Lei ha fatto le peggiori cose, ovviamente, passando dalla cosiddetta “droga dei signori” a quella “del popolo”, associandola a psicofarmaci. Noi siamo riusciti a convincerla, dopo che è stata ricoverata per tanto tempo, ad andare in Comunità.
E lì cosa è successo?
Le Comunità “convenzionate” hanno lunghissime liste d’attesa. Poi il padre naturale di mia figlia era molto assente. Con il mio nuovo compagno, che è stato straordinario, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo trovato una Comunità a Reggio Calabria. Il problema è che P. aveva due dipendenze: quella da stupefacenti e quella da psicofarmaci. All’interno della struttura poteva essere inserita solo dopo la dismissione degli psicofarmaci.
Come vi siete sentiti?
Spiazzati, persi. Ma poi furono loro ad indicarmi la soluzione. Mi dissero “l’unico posto che conosciamo è il Programma VIVERE SENZA PSICOFARMACI e Vincenza Palmieri.”. Dopo tre giorni eravamo già a Roma, da lei. Lì scoprimmo che non era solo un discorso di dismissione degli psicofarmaci, non era solo un semplice scalaggio ma un prendersi cura di lei e noi a 360 gradi. E’ sta prima nutrita con esatti integratori vitaminici, validata, gratificata, ha ricevuto un programma dietetico, si è costruito insieme un programma per la giornata, la settimana, ecc…cosa avrebbe fatto lei e cosa noi! Tutto molto semplice: dal come comunicare tra di noi a come allontanare i nemici o le persone sgradevoli ed oppressive, dal rendersi utile ad accudire la sorellina, dalla cura delle piante all’igiene personale, alla bellezza e cura dell’anima.
Che tipo di lavoro avete fatto? E con che tempi?
Abbiamo fatto un anno di progetto. A volte due incontri a settimana. A volte dopo un mese. Facendo su e giù. Anche per la dismissione di “solo” due gocce. Fino a che poi non è arrivata a zero. Goccia dopo goccia. Da lì è potuta andare in comunità e fare la seconda parte del percorso. Era molto importante per noi che andasse in una Comunità semplice e non in una per la doppia diagnosi o ad alto contenimento, dove avrebbero continuato a darle psicofarmaci. Io non volevo che mia figlia rimanesse drogata tutta la vita, se non di eroina, di psicofarmaci!
Adesso P. ?
Adesso è a posto. Lavora, è un broker assicurativo, è tranquilla. Non ha segreti. Mi deve sentire 3, 4 volte al giorno… Abbiamo un bel cordone che ci lega. Ora ci vogliamo bene, molto!
Quando era sotto psicofarmaci, invece, com’era?
Era ingestibile. Non sapevi quando crederle. L’abbiamo dovuta ripescare in tutti gli ambienti. La droga sei tu che la vai a chiedere, anche quando ti viene offerta. Il problema era che lei non era padrona di se stessa e non sapevamo cosa facesse.
In questi casi anche le Autorità preposte non riescono a fare qualcosa?
Questi ragazzi, una volta “pizzicati” e mandati al SERT, vengono curati con psicofarmaci! Cioè, viene loro cambiata la droga, ma vengono riempiti di droga. Ne fanno un uso smodato. E poi, rimangono nelle liste dei SERT, per sempre segnati. Per dire, anche se cercano lavoro, rimangono bollati. Invece così non viene tenuto conto del fatto che le persone facciano un percorso, vadano avanti. Fanno una fatica enorme, questi ragazzi. E poi, proprio chi dovrebbe dar loro una mano in pratica fa peggio.
Invece la Prof.ssa Palmieri che lavoro ha fatto?
Un lavoro enorme. Dal punto di vista non solo della dipendenza fisica, ma sopratutto
dal punto di vista spirituale. E’ riuscita a dare una carica così positiva a P. che tutte le volte che usciva diceva “sto bene!”. Oppure, se aveva un problema, non vedeva l’ora di parlarne con la Prof.ssa Palmieri. Si sentiva protetta. L’ha seguita fino all’ultimo.
Siete stati bravissimi anche voi
Noi non abbiamo mai disertato un appuntamento. Anche perché ogni volta era una iniezione di fiducia, per P. e per tutti noi, che arrivavamo affranti. Magari il giorno dopo era di nuovo nel baratro delle sue insicurezze, ma ogni singola seduta ha giocato un ruolo fondamentale. A tal punto che poi P. non vedeva l’ora di finire la dismissione per andare in Comunità e terminare questo percorso. Ci abbiamo messo un anno, come dicevo, per eliminare una quantità notevole di psicofarmaci. Ed è stata meravigliosa, la Prof.ssa, anche quando P. è stata ricoverata.
In che modo?
P. faceva già le sedute con la Prof.ssa; si sentì male e fu ricoverata. C’era un ragazzo che avevamo assunto come operatore, per essere “i nostri occhi”, per non perderla mai. E per lei lui era “il suo operatore”. Quando P. fu ricoverata in un reparto femminile, a questo ragazzo fu impedito di rimanerle accanto. Ma era, invece, fondamentale che non la perdesse di vista.
Anche qui, fu la Prof.ssa Palmieri a riuscire ad ottenere che lui rimanesse, spiegando l’importanza ed il ruolo che quel ragazzo stava svolgendo in quel momento.
Un anno impegnativo nelle grandi e nelle piccole cose
Si. In quella fase, bisognava abbassare le Transaminasi. E quindi P. faceva tutti i viaggi sdraiata, perché era l’unico modo di farle abbassare. Doveva stare a letto. Ha passato giorni e giorni a letto, mesi, insomma un bel po’. Poi si è lavorato per riportarla alla realtà. Chi vive sotto farmaci o droga non sente più il campanile che suona, non nota gli uccelli, vive in un altro mondo. In un mondo sporco in cui non si fa caso a nulla.
Come è tornata alla realtà?
Intanto svolgendo compiti quotidiani. Il primo fu di mettere a posto la libreria.
E lei si mise lì, con impegno a pulire tutto… Per lei, aver pulito quella libreria è stata una fatica enorme. Ma anche un atto simbolico e una soddisfazione enormi.
Poi al Programma Vivere Senza Psicofarmaci le hanno insegnato a guardarsi attorno. Guardare lontano, guardare i colori, le forme, gli odori, le luci…cosa che sotto effetto di qualunque droga non vedi più…e così, piano piano, riscopri gli affetti familiari. Per mia figlia, un maledetto psicofarmaco aveva preso il posto della droga ma per noi e per lei, era la stessa cosa! Adesso è a posto e lavora. Vuole tornare presto dalla Prof.ssa perché è tanto che non la vede. Ed è legatissima. Noi tutti se abbiamo un problema, veniamo da lei. E’ come se hai bisogno di un abito. Se hai bisogno di un bell’abito, non vai al mercato. Se io ho bisogno di qualsiasi cosa per i miei figli, io vengo da lei. E so che qui sarò indirizzata sempre nel modo più corretto e più bello!