Rai: passa la riforma in Senato, le novità
Via libera in Senato al ddl Rai, la riforma già annunciata a marzo da Renzi su modello BBC ambisce ad un rimpasto della struttura amministrativa dell’azienda da alcuni giudicato però troppo morbido rispetto all’attuale disciplina. Tumulti in aula sull’approvazione del testo, definito una Gasparri 2.0, passato con 142 voti a favore e 92 contrari. Polemiche dalle opposizioni ma anche fuoco amico in seno al Partito Democratico, 19 senatori si ribellano mandando sotto il Governo sull’art.4 della legge che prevede una delega all’esecutivo per la revisione della normativa sul canone. La spuntano invece l’art.2 sulle nuove regole di governance e la neo-disciplina del Direttore Generale. La nuova legge infatti ridisegna soprattutto l’assetto apicale Rai, quattro i punti cruciali della riforma:
- cambiano le nomine del CDA – i nuovi membri del Consiglio d’amministrazione, in tutto 7, saranno scelti: 2 dalla Camera, 2 dal Senato, 1 dai dipendenti dell’azienda mentre il Direttore Generale sarà di nomina governativa, il Presidente su indicazione del governo necessiterà dell’approvazione dei 2/3 della Commissione di Vigilanza
- l’amministratore delegato – aumentano i compiti e i poteri del Direttore generale, oggi amministratore delegato, che potrà nominare autonomamente: direttori di rete, testata e canale nonché i dirigenti di seconda fascia senza parere vincolante del CDA. Una novità assoluta, che conferisce ampia autonomia all’ad il quale avrà inoltre possibilità di firmare contratti fino a 10 milioni di euro senza l’accordo del presidente
- removibilità dei membri del CDA – i membri del CDA diventano removibili su proposta dell’assemblea dei soci Rai (Ministero dell’economia e Siae) e previa valutazione favorevole della Commissione di Vigilanza
- incompatibilità e tetto agli stipendi – previste figure di incompatibilità per l’amministratore delegato che non potrà ricoprire: «cariche di Governo, anche se ricoperte nei dodici mesi precedenti alla data della nomina», «specificano che l’amministratore delegato deve essere nominato tra coloro che non abbiano conflitti di interesse e non cumulino cariche in società concorrenti».
Ridimensionato quindi il ruolo della Commissione di Vigilanza, per una Rai che a detta del Premier deve somigliare sempre più alla BBC inglese. Forti le reazioni delle opposizioni molti sottolineano l’approccio morbido del Governo in un campo, quello dell’informazione pubblica, da sempre contraddistintosi per la forte ingerenza politica. Enrico Mentana commenta sul Fatto, senza stupirsi: «Questa non è una riforma della Rai, ma una semplice riforma della governance. Si dice la montagna e il topolino, qui non siamo nemmeno al topolino! Si sarebbe dovuto mettere le mani su tutto il resto: struttura, contenuti, ruolo del servizio pubblico. E mettere una distanza tra la politica e l’azienda. Ma questa è una richiesta impossibile da fare ai politici, Renzi compreso». Nel Partito Democratico invece, nonostante la soddisfazione espressa dal Ministro Boschi, i dissapori continuano laddove la minoranza lamenta i dicktat governativi minacciando futuro ostruzionismo. Corrado Mineo, ex direttore di RaiNews e oggi senatore dem, protesta: «Peggiora la legge Gasparri, rende la Rai subalterna al governo, che è la peggiore delle lottizzazioni. È una riforma che rende la Rai più governativa, ma lasciandola ugualmente consociativo». Dai banchi di Forza Italia viceversa è Maurizio Gasparri a non tirarsi indietro: «La legge che facemmo nel 2004 resterà in vigore, ne stiamo modificando solo un articolo».
E’ il peso di una “rottamazione” tradita quello che aleggia sul Governo accusato di non aver fatto abbastanza, di una rivoluzione al ribasso soprattutto in Rai, azienda statale che soffre da anni per la necessità di uno svincolo dalla politica, tant’è che alcuni azzardarono persino l’ipotesi di una privatizzazione. Il miraggio democratico lasciava intendere questa possibilità, fare della Rai un’azienda senza influenze, professionale e competitiva in un’era dove il web sostituisce i media inglobandoli sino ad oscurarli. Riuscirà il Governo a trasformare la Rai da auto celebrativa a competitiva? L’inizio non è dei migliori, consolazione? A “onor di canone” ci sono sempre Netflix e lo streaming.