Olimpiadi 2022, la vera sfida è quella dei diritti
«Molestie, discriminazioni e minacce di violenze colorano la vita quotidiana delle persone LGBT in Kazakistan». Iniziano così le trentuno pagine di That’s when I relised I was nobody, il report diffuso da Human Rights Watch che fa luce sulla condizione dei cittadini omosessuali, bisessuali e transgender kazaki.
Certo, l’omosessualità nel Paese è stata depenalizzata nel 1998 ma cancellare l’odio verso le persone LGBT è tutta un’altra storia. «Rimane un clima di intensa omofobia», gay e lesbiche «devono affrontare ostilità dietro le porte chiuse delle case private e nei luoghi pubblici, ad esempio parchi o discoteche all’aperto». E se i media continuano a rappresentare i cittadini LGBT con un alone di scandalo e odio, chi dovrebbe proteggerli latita: «Le istituzioni dello Stato», infatti, «falliscono nel fornire assistenza concreta e protezione». C’è chi, anzi, con la scusa di proteggere i minori vorrebbe che la «propaganda omosessuale» fosse messa al bando, come nella Russia di Putin: all’inizio dell’anno, una proposta di legge che ricalcava quella approvata nel 2013 dalla Duma è stata bocciata perché «non in linea con la Costituzione della Repubblica Democratica del Kazakistan», non senza essere prima stata approvata dal Senato. «Il silenzio assordante del governo kazako sui i diritti umani delle persone LGBT, combinato con l’aspra retorica anti-gay di alcuni membri del parlamento, ha contribuito all’approvazione sociale della discriminazione contro le persone sulla base del loro reale o percepito orientamento sessuale e identità di genere». Il clima di odio e discriminazione non limita solo la felicità delle persone LGBT, ma anche il loro diritto alla libertà di esprimersi liberamente «anche quando è fondamentale fornire informazioni su orientamento sessuale o identità di genere, come ad esempio quando una persona sta cercando assistenza sanitaria». Per le persone transessuali, le cose sono ancora più difficili. Oltre allo stigma, ci sono le leggi a complicare ulteriormente le loro vite: è impossibile, infatti, ottenere il riconoscimento del cambiamento di sesso senza sottoporsi alla sterilizzazione. Già, sterilizzazione.
Denunciare violenze, minacce e odio, però, è quasi impossibile: «Il clima di paura per le persone LGBT in Kazakhstan è alimentato sia dagli abusi e dalle discriminazioni che devono affrontare direttamente sia dagli abusi e dalle discriminazioni quando tentano di denunciare le violazioni dei diritti alle autorità».
Non è la prima volta che il Kazakistan viene accusato di omofobia, ma il report di Human Rights Watch arriva in un momento particolare. Il 31 luglio, infatti, a Kuala Lumpur il Comitato Olimpico Internazionale sorteggerà il Paese che ospiterà i Giochi Olimpici Invernali del 2022 e in lizza c’è proprio il Kazakistan, con la città di Almaty. Dopo l’assegnazione dei Giochi Olimpici invernali alla Russia omofoba di Putin e le polemiche che hanno accompagnato Sochi 2014, dimostriamo di non aver imparato niente. Nel dicembre del 2014, il COI ha stabilito, come parte dell’Agenda Olimpica 2020, che tutti i contratti con le future città ospitanti dovranno includere l’obbligo di vietare espressamente la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Ma la legge proposta – e fortunatamente bocciata in extremis – dal parlamento kazako mostra come la discriminazione delle persone LGBT sia ben più che un problema circoscritto e arginabile.
Qualunque cosa decida il sorteggio a Kuala Lumpur, però, sarà difficile che i requisiti posti dal COI – più rigidi di quelli che hanno permesso alla Russia di ospitare l’edizione 2014, con nuove regole che impongono anche di difendere i diritti umani, quelli lavorativi e l’ambiente – saranno rispettati, e c’è da scommettere che in nome della “Ragion di Stato” si chiuderà di nuovo un occhio sui diritti. L’unico altro candidato è, infatti, la Cina che – oltre ad avere problemi a garantire la neve necessaria per lo svolgimento dei giochi – non brilla per rispetto dei diritti umani. Il rischio è che si ripetano violenze e soprusi come già accaduto in occasione delle Olimpiadi del 2008 e che si chiuda un occhio (o due) sulla condizione dei diritti umani nel Paese. «Se la Cina o il Kazakistan vinceranno l’onore di ospitare i Giochi Invernali 2022, il CIO si troverà ad affrontare una prova estrema del suo nuovo impegno a migliorare la protezione dei diritti umani», ha detto Minky Worden , direttore iniziative globali di Human Rights Watch. «Il Comitato olimpico internazionale deve insistere sul fatto che il Paese ospitante si conformi rigorosamente alla Carta Olimpica e alle regole di base per i diritti umani – o rischi di perdere il diritto di ospitare i giochi». Se così non fosse e, di nuovo, si ignorasse la sistematica violazione dei diritti perpetrata al di fuori degli impianti sportivi e delle piste da sci, piegandosi a più grandi interessi politici, a perdere la sfida dei diritti saranno non solo i cittadini di questi Paesi, ma tutti noi che staremo a guardare.