Alessandro Sperduti, l’importanza di superare i propri limiti
Davanti alla macchina da presa da 17 anni, Alessandro Sperduti ha fatto del set la sua seconda casa. Cate Blanchett, Luca Zingaretti, Raoul Bova, Claudia Gerini, Stefania Sandrelli, Fabio De Luigi, Claudio Santamaria, Giorgio Tirabassi, sono solo alcuni dei grandi attori a fianco dei quali ha avuto l’onore di lavorare. Entrato nel cuore degli italiani nelle vesti di Valerio Campitelli nella fiction di successo “I Liceali”, Alessandro non ha mai più smesso di emozionare i telespettatori.
Occhi azzurri e sorriso sempre in tasca, ha trasformato la sua timidezza di bambino in disinvoltura sul set, facendo dell’immedesimazione, il gioco preferito dei bambini, un vero e proprio mestiere.
Se iniziare a recitare è stato spontaneo, mantenere vivo il proprio lato artistico anche fuori dal set, mettersi in gioco e non finire mai di stupirsi, invece, sono sfide quotidiane da ricordare giorno dopo giorno.
Hai un curriculum ricco per essere un giovane di 28 anni, parliamo di circa 24 ruoli in tv e 7 al cinema. Come è iniziato tutto questo e come sei arrivato fin qui?
Dopo essermi iscritto in un’agenzia di spettacolo, ho fatto dei provini, un po’ per gioco, un po’ per la curiosità di scoprire cosa ci fosse dietro alla magia di un film. I miei genitori e i miei fratelli mi hanno trasmesso una forte passione per il cinema e mi hanno incoraggiato a coltivare il mio lato artistico già da molto piccolo. Ogni volta che mi portavano in sala per me era una festa.
Cosa significava per te la recitazione quando hai iniziato e cosa rappresenta adesso?
Inizialmente era solo un gioco molto bello. Tutti i bambini si divertono a fare finta di essere qualcun altro. Avevo la possibilità di farlo sui set, a volte con un’ambientazione incredibile come il deserto del Sahara ne “Il tesoro di Damasco”. Una grande fortuna.
Talvolta ciò comportava delle difficoltà, come il dover conciliare il tempo sul set con quello da dedicare allo studio, ma il sostegno della mia famiglia e degli insegnanti è stato fondamentale. Poi crescendo, avvicinatasi la fine del liceo, è arrivata l’incertezza. Non era più solo un gioco e sentivo di dover decidere se prendermi la responsabilità di continuare su questa strada e cercare di farne un vero e proprio mestiere.
Una cosa, in seguito, mi ha aiutato a capire: quando non avevo un ruolo da interpretare, oppure tutte le volte che terminava un’esperienza su un set, non era facile, sentivo come se si interrompesse bruscamente un percorso positivo. Ne avevo proprio bisogno. Questo mestiere mi permette di mettermi in gioco continuamente, di andare oltre i miei limiti, di sperimentare e conoscere diversi aspetti della realtà. Mi aiuta a relativizzare e ad approfondire, e posso farlo in modo creativo. Non posso che esserne felice.
A fronte delle tue esperienze preferisci il cinema, la tv o il teatro?
Sono molto diversi, nella preparazione e nello svolgimento del lavoro. Non saprei scegliere né come attore né come spettatore. Posso dire con certezza che, da spettatore un po’ nerd, il cinema rappresenta una delle mie più grandi passioni, grazie ad alcuni film che sono stati fondamentali in determinate fasi della mia crescita.
Hai interpretato ruoli diversi, alcuni con storie molto delicate altri meno. Quali sono le difficoltà nel vestire i panni di tutti questi personaggi?
Forse il mettersi continuamente in gioco, che se da una parte rappresenta un’opportunità di evolversi, dall’altra spaventa, perché ti ritrovi a combattere con i tuoi limiti, con i muri che alzi tu stesso per paura di sbagliare e di uscire dal tuo luogo sicuro.
Sei stato protagonista di alcuni videoclip musicali tra cui, recentemente, quello di Samuele Bersani. Che rapporto hai con la musica?
È la mia più grande passione, insieme a quella del cinema. Le ho unite concentrandomi sulla musica da film: le colonne sonore originali. Grandi compositori, a cui sono grato, con i loro capolavori mi hanno spesso aiutato ad intraprendere una nuova esperienza lavorativa e a cercare la strada giusta con i personaggi.
Dichiari di essere timido. La recitazione come si sposa con questo lato de tuo carattere?
A volte, se in una prima fase – prima di arrivare sul set – c’è il terrore di espormi, dopo aver rotto il ghiaccio con una scena subentra l’euforia di fare cose che nella vita probabilmente non farei mai. Sono momenti di libertà e di grande soddisfazione.
Il ruolo che più ti è piaciuto interpretare e quello che desidereresti ti venisse affidato.
Forse, più che i ruoli, mi hanno segnato le esperienze, tutte molto diverse fra loro e significative nel percorso. Fra le più intense ci sono sicuramente “Torneranno i prati” di Ermanno Olmi, “Un Matrimonio” di Pupi Avati e “I Liceali” di Lucio Pellegrini. In futuro mi piacerebbe interpretare un personaggio che abbia a che fare con la musica. Forse un compositore, o un cantautore, non so.
Il set è stata la tua scuola. Quanto ha contato, dunque, l’esperienza in questo percorso?
Moltissimo. Mi ha permesso di capire e adattarmi ai tempi di un set, di confrontarmi con i colleghi sia del reparto artistico che di quello tecnico. È un lavoro di gruppo ed è stata una fortuna poterlo apprendere sul campo.
Hai lavorato con grandi attori e registi. Da tutte queste esperienze e questi professionisti qual è l’insegnamento più grande che hai tratto?
Oltre a ciò che può essere strettamente legato al lavoro e alla recitazione, ho avuto degli insegnamenti che posso applicare alla vita di tutti i giorni. Per esempio, che bisogna cercare sempre, anche quando non si è sul set, di mantenere vivo il proprio lato artistico e giocoso, la propria curiosità; che bisogna conservare il contatto con la quotidianità, con le cose semplici e belle della vita. E poi che non bisogna illudersi mai di avere imparato, di essere arrivati, in qualsiasi situazione: è importante mettersi in gioco ed essere sempre disposti ad apprendere e a stupirsi.
Hai spesso dichiarato di ammirare più di tutti Tim Burton. Cosa apprezzi di questo regista?
È un genio. Sono cresciuto con i suoi film che mi hanno aiutato a sviluppare una certa inquietudine di cui non posso fare a meno. Forse ho trovato qualcosa di familiare nelle storie che racconta. E lo fa con una visione unica e inimitabile. Ammiro la sua immensa creatività e la sua ironia.
Sei attualmente impegnato sul set di un nuovo progetto. Di cosa si tratta?
Attualmente sono sul set del nuovo film di Pupi Avati. Il titolo è “Le nozze di Laura”, ispirato alle Nozze di Cana, una bellissima storia sull’amore e sul valore della diversità. Sono veramente felice e grato di avere nuovamente la possibilità di lavorare con uno dei registi che ammiro e stimo di più.
Twitter: @beatricegentili