Più uomini, più costi, più processi: i sottosegretari di Letta
Doveva essere un governo di forte cambiamento, tagliato di costi e uomini e con l’incarico alla Presidenza del Consiglio assegnato da un nuovo Presidente della Repubblica.
Eppure, poco è cambiato: Napolitano è ancora lì, la maggioranza parlamentare è pressoché analoga a quella del governo tecnico, e lo stesso Enrico Letta è una persona “non divisiva”, termine nato da una discutibilissima unione politico-linguistica dell’ultima ora.
Qualcuno, probabilmente, una volta assegnati i ministeri si sarebbe aspettato una qualche novità forte almeno nei ruoli che, a livello temporale, vengono indicati successivamente: quelli dei vice ministri e dei sottosegretari. Ma, anche qui, la voce novità un po’ langue; arroccato nel tentativo di realizzare una macchina da guerra assai numerosa, il governo Letta si presenta forte di uno squadrone dai numeri impressionanti: ai 21 ministri si sono aggiunti 10 vice ministri e 30 sottosegretari, per un totale di 40 personaggi su un tetto massimo consentito di 45. Un segnale in contrasto con il passato esecutivo: in quello, infatti, vi erano 18 ministri, 3 viceministri e 25 sottosegretari.
Tra le figure scelte, talune hanno particolarmente fatto notizia.
Per esempio, viceministro all’interno è il Senatore Filippo Bubbico (Pd), ex Presidente della Regione Basilicata e componente della commissione dei “dieci saggi” prescelti da Napolitano, con alle spalle un processo per abuso d’ufficio archiviato nel marzo 2011. Al suo fianco, ci sarà Gianfranco Miccichè (con nomina alla Pubblica Amministrazione e Semplificazione), considerato vicinissimo a Berlusconi, reo confesso di essere assuntore di cocaina e agli onori delle cronache per una frase pronunciata nel 2007 a Palermo («Falcone-Borsellino, che immagine negativa trasmettiamo subito col nome dell’aeroporto»). Viceministro a Infrastrutture e Trasporti è invece Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno per 4 mandati di fila (prima nomina nel maggio 1993, ultima 18 anni dopo), indagato per abuso d’ufficio nell’ambito del progetto urbanistico Crescent, e noto per uno stile goliardico che spesso lo ha portato a schierarsi in maniera forte contro suoi “colleghi” (in ultimis, si ricordi il «ma va a morì ammazzata» nei confronti di Roberta Lombardi del M5S).
Ma la nomina che ha fatto più scalpore, è quella di Micaela Biancofiore. Promotrice di un sito internet che voleva Silvio Berlusconi al Quirinale, la “pasionaria” era stata proposta inizialmente per le Pari Opportunità. Le sue posizioni in tema di omosessualità hanno fatto tuttavia traballare la sua poltrona: le Comunità gay sono insorte e ha fatto particolare notizia la dichiarazione di Enrico Oliari (ex MSI e AN) che ha paragonato la sua nomina a un «premio per l’emancipazione a Khamenei o il Nobel per la Pace a Kim Jong-un». Persino il periodico tedesco Taz.de ne ha dato notizia parlando di «homophobe Berlusconi-vertraute» (omofoba intima di Berlusconi). Alla fine, Letta ha dovuto cedere e la Biancofiore è “passata” alle Pari Opportunità, ove collaborerà – assieme a Miccichè – con il Ministro Gianpiero D’Alia.
Se la strada da intraprendere è quella del preannunciato «comportamento da squadra», tuttavia il mister avrà il suo bel da fare nell’amalgamare tutte queste personalità così diverse. Ma l’obiettivo rimane chiaro: «se vinciamo noi vince l’Italia»
di Mauro Agatone