Violenza passionale: lo sfregio all’acido d’importazione
William ha 27 anni e non ha più le orecchie. Il suo mezzo busto è interamente dilaniato dagli effetti dell’acido, ci vede pochissimo e dallo scorso settembre ha subito l’ultimo di una lunga serie di interventi, nel tentativo disperato di far ritorno ad un simulacro di normalità.
Un giorno di settembre viene fermato da due complici dell’ex compagna che lo bloccano e lo picchiano, poi l’atto atroce di Elena che scatena sul suo corpo una violenza straziante, lo cosparge di acido muriatico fino a bruciarlo vivo. Un infermiere romano, 32 anni, è sicuro che sia stata l’ex compagna ad ingaggiare il sicario che lo scorso martedì gli ha gettato quello stesso liquido sul corpo. E poi c’è Lucia, l’avvocatessa di Pesaro, a cui fa riferimento un nome maschile: Luca, il suo ex.
Sono solo alcuni dei tanti atti di violenza passionale che attraversano l’Italia in trasversale, tutti legati da un denominatore comune: essere puniti per aver detto basta. Vittime di stalking, la maggior parte di loro avevano denunciato le pressanti violenze verbali e gli atti intimidatori come campanelli d’allarme, che poi si spera che il tempo complice quasi sempre dell’oblio possa far passare tutto in sordina. E invece no. La violenza si gonfia, il rancore no trova spazi raziocinanti nel quale contenersi e si proietta la propria felicità sull’annullamento di un altro essere umano. Iniziano le telefonate morbose, le lacrime e il dolore. Poi il dolore cambia entità: diviene rabbia che non si placa, che vuole trattenere a se, per forza.
La violenza con l’acido sembra essere un fenomeno legato alla transitorietà, d’importazione come alcuni prodotti tipici, come una malattia che si allarga a macchia d’olio e si insinua nel tessuto sociale di un Paese. In Pakistan è una pratica utile per lavare le macchie d’onore tra famiglie, complici le richieste di matrimoni non ricambiati o la riluttanza di una donna nell’approvare una relazione. L’America Latina ad oggi conosce il primato delle vittime con l’acido: in Colombia solo nel 2010 si sono contate 97 persone sfigurate, che si sommano agli innumerevoli casi che rimangono in silenzio per vergogna, per paura, quella stessa paura che ogni anno conta nel mondo 500.000 casi di deturpazione con l’acido.
di Nicoletta Renzetti