La Grecia, i BRICS e il mondo di domani
Un luglio tanto caldo probabilmente non lo si era mai visto, e non tanto per i cicloni o gli anticicloni che soffiano come ventate di phon, bensì per via di una situazione geopolitica che tra crisi greca, nucleare iraniano e vertice dei Brics pare voler segnare nel luglio del 2015 una di quelle cesure che poi tra vent’anni definiremo storiche.
Tralasciando, non ce ne si voglia, la sempre aperta ferita mediorientale, è sotto gli occhi di tutti che i sommovimenti cui assistiamo oggi sono tali da rimescolare nel prossimo futuro gli equilibri mondiali venuti fuori dalla fine della guerra fredda, soprattutto se si sovrappongono i negativi della crisi greca, da un lato, e della costituzione sempre più autonoma di un secondo centro gravitazionale degli interessi economici mondiali (la Banca di Sviluppo dei Brics).
Al momento, infatti, poco o niente fa sperare in un miracolo che risolva la crisi economico-politica greca nel seno di un’Europa “ritrovata” che riscopra le sue radici e stemperi il delirio tecnocratico di marca teutonica, ma ciò che conta, e che deve ancora mostrare tutte le conseguenze, è che ormai il re è nudo, e la corte si è dimostrata per quello che è. Vada come vada per la piccola Grecia la tenuta politica dell’Europa è stata segnata da questa crisi con una faglia molto profonda. Ha poco da salvare Angela Merkel, quando in parlamento si spende per un panegirico della moneta unica, perché adesso tutti sanno, e soprattutto hanno ben presente quale è il prezzo, che tra l’Europa è l’Euro non c’è più, e probabilmente non c’è mai stata, alcuna differenza, e la prima non è che il simulacro del dominio del secondo.
Poco male, si sarebbe potuto dire qualche anno fa nel vecchio continente, perché tanto, e la Grecia è lì a dimostrarlo, fuori da questa gabbia che è l’Euro-pa non esistono alternative, se non il salto nel vuoto.
Invece oggi questo ragionamento può costare caro, e l’aver creato un precedente di questo tipo può rappresentare un terribile cuneo – altro che spina – nel fianco dell’Unione.
Perché proprio mentre i falchi nord-europei, spalleggiati in questo dal ridicolo – e perciò quanto mai tragico – atteggiamento del Fondo Monetario Internazionale, umiliavano il popolo greco dopo aver tentato di rovesciare il suo governo, neanche troppo lontano, a Ufa in Russia, i BRICS (Brasile Russia India Cina SudAfrica) disponevano bene sul tavolo geopolitico le carte della loro Banca di Sviluppo: un fondo da 100 miliardi di dollari per il quale la Cina metterà 41 miliardi, Russia, India e Brasile 18 miliardi ciascuno e il Sudafrica 5 miliardi. Inoltre, in questo incontro che rappresenta il VII vertice dei BRICS, è stata specificata la data in cui la Banca di Sviluppo comincerà a essere operativa, ovvero l’Aprile del 2016.
La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno ancora un anno per fare il bello e il cattivo tempo: dopodiché avremo nel mondo un secondo fondo internazionale il cui obiettivo dichiarato è rappresentare l’alternativa all’egemonia neoliberista a guida americana.
La decisione della costituzione della Banca era stata presa dai Brics l’anno scorso, al vertice di Fortaleza in Brasile, ma se ne discute dal 2009. Quelle intenzioni oggi sono una certezza e la costituzione di un organismo finanziario globale «specializzato in progetti di infrastruttura» (sappiamo bene quanto invece NON abbiano a cuore i progetti infrastrutturali i prestiti sui quali si è giocato il benessere della Grecia) è una realtà assai prossima. E ciò che conta maggiormente, in quest’ottica, son la volontà di concedere prestiti senza il cappio al collo degli aggiustamenti strutturali richiesti dal Fmi, e il proposito di dotarsi al più presto di una moneta comune alternativa al dollaro.
L’equilibrio geopolitico mondiale è pronto a cambiare, anzi è già cambiato, e l’umiliazione della Grecia, contro la quale si è mosso consapevolmente il presidente Obama, potrà essere la miccia accesa su una polveriera pronta a saltare tra poco più di un anno. Perché, sebbene i rumors sostenessero che i BRICS potessero lanciare già adesso un salvagente al coraggioso Alexis, di certo oggi il Paese non poteva essere facilmente traghettato fuori dall’euro, ma domani, in mancanza di una profonda e onesta rinegoziazione del debito greco che preveda sia il suo sfoltimento che la sua ristrutturazione, poco avrebbero da minacciare tedeschi e compagnia, se dall’altra parte esistesse una Banca di Sviluppo piena di Paesi emergenti che non aspetta altro che cominciare la sua scalata dell’Europa Mediterranea.
E francamente se c’è da scegliere tra una prospettiva che accoglie in sé tanto le prerogative latinoamericane (non solo del Brasile ma di tutta l’Alleanza Bolivariana per i popoli della Nostra America e del Banco Sur), quanto quelle africane, russe e orientali, in una mescolanza così varia e colorata di popoli, e dall’altra parte ci sono solo Angli e poi Sassoni…ma non c’è nemmeno da pensarci. Un’Unione Mediterranea Europea sostenuta dai BRICS oggi è fantascienza, ma domani magari no.