Le vacanze made in Italy fanno piangere. Baby turisti in lacrime sui cartelloni pubblicitari

Sfortunati bambini, di carnagione chiara e dalla pelle sensibile, costretti ogni anno dalle loro incuranti famiglie a trascorrere la vacanze estive al mare, magari sulle coste mediterranee, magari in Italia. Si disperano e piangono. Lo dicono i cartelloni pubblicitari delle fredde città svedesi. La campagna promozionale della Gardaland locale ha tirato in ballo il Belpaese.

Gli slogan, apparsi per pubblicizzare il Liseberg Amusement Park di Goteborg, ritraggono visini piagnucolanti affiancati da un ironico motto ‘Qualche bambino sarà obbligato a passare le vacanze in Italia quest’estate’. La soluzione per i poveri baby turisti c’è. Il parco divertimenti, un tranquillo e genuino diversivo che potrà allietare le calde giornate d’estate dei piccoli scandinavi. Lo scopo del messaggio dovrebbe essere dunque quello di dissuadere le famiglie dal trascorrere all’estero le vacanze e di farle restare in patria tra giostre e ruote panoramiche. Un modo come un altro per richiamare la clientela. Questa è concorrenza. Niente vittimismo. Fatto sta che i cartelloni girano sugli schermi di mezzo mondo e non son piaciuti proprio a tutti. Altri Paesi presi di mira dalla campagna, in particolare Grecia e Spagna, hanno invitato la compagnia svedese che gestisce il parco a ritirare la pubblicità. Dal canto nostro, l’assessore al turismo di Rimini Fabio Galli giudicando il messaggio <<esplicito e rozzo>> ha sollecitato l’intervento sulla questione del neo-eletto Ministro del Turismo Massimo Bray. La vicenda va chiarita anche se i responsabili della struttura si sono già affrettati a smentire ogni intento provocatorio che vada al di là della pura concorrenza turistica. Poco però per scatenare una polemica più grande.
Curioso il fatto che i pubblicitari del parco divertimenti abbiamo pensato che la gigantografia di un bambino disperato possa invogliare i piccoli clienti a chiedere un regalo a mamma e papà. Gusti a parte, è ancora poco per scatenare l’ennesimo caso internazionale. Un piccolo campanello d’allarme però inizia a suonare se nel giro di pochi mesi siamo per l’ennesima volta protagonisti degli slogan satirici dei fantasiosi pubblicitari stranieri. Ancora fresco è il caso della ‘pubblicità bunga-bunga’ in India. Certo se l’Italia arrancherà ancora per uscire dai suoi disastri interni e non, la lacuna della pubblicità oltreconfine sarà colmata da quella cattiva che riusciamo a farci benissimo da soli.

di Maria Chiara Pierbattista

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