Cucina in tv: c’è chi scende e c’è chi sale
Lo abbiamo sentito ripetere tante volte, dentro casa, sui social network e persino sul piccolo schermo, terreno fertile per i programmi culinari in tutto il mondo: è un dato di fatto che la cucina sia considerata una moderna forma d’arte, un’esaltazione del palato e della vista. Lo sapeva bene Ugo Tognazzi, il primo negli anni ’60 a parlare di cucina in tv e noto per aver definito le portate una “coreografia di colori”, e lo ribadiscono a gran voce gli chef Alessandro Borghese, Joe Bastianich e Carlo Cracco, che si sono imposti nella televisione italiana ed internazionale con nuove filosofie sul cibo, giudicando l’estetica dei piatti, la passione e la voglia di emergere dei concorrenti, desiderosi di diventare i nuovi Michelangelo dei fornelli.
Nonostante Gordon Ramsay affermi che “non si entra in cucina per diventare ricchi”, è evidente che la ricetta di questi programmi sia vincente e si debba tanto ai carismatici conduttori quanto dalla bravura dei partecipanti che, prova dopo prova, dimostrano di possedere le qualità per diventare dei perfetti chef. E’ il caso della nuova edizione di “Hell’s Kitchen Italia“, trasposizione italiana del format americano condotto proprio da Ramsay , che si è aggiudicata un posto di tutto rispetto nell’Olimpo dei cooking show. La finale, andata in onda giovedì 9 luglio su Sky Uno, ha visto la vittoria di Mirko Ronzoni, giovane bergamasco che si è guadagnato la stima di Carlo Cracco, giudice “infernale” dello show, e un contratto da Executive Chef nel primo ristorante al mondo di HK, presso il “Forte Village” in Sardegna.
L’Italia tuttavia, nonostante detenga ancora il titolo di patria del buon cibo, non è l’unico paese dove i programmi di cucina hanno successo: lo sanno bene i produttori di “Masterchef” Australia e USA che ottengono, ogni anno, un riscontro positivo da parte del pubblico. Altrettanto non si può dire per l’edizione francese, preannunciata come l’evento televisivo dell’estate 2015 e destinata a fallire dopo appena due puntate: il format, prodotto da Shine France, era tornato sul piccolo schermo dopo un anno e mezzo d’assenza e ha raccolto, nella prima serata di messa in onda, solo 2.7 milioni di telespettatori, una media decisamente inferiore rispetto alle stagioni straniere.
La “colpa” di tale insuccesso può essere attribuita sia alla scelta di trasmettere il programma in chiaro e non sui canali a pagamento, sia, come sottolinea “La Stampa”, a un atteggiamento forse troppo “buonista”, se così si può definire, dei giudici francesi rispetto ai colleghi stranieri, che non perdono occasione di esprimere il loro parere in maniera colorita ed insolita (celebre la frase di Joe Bastianich, “Vuoi che muoro?”, diretta ad una concorrente di “Masterchef USA” che aveva presentato al giudice una portata poco gustosa).
Insomma, tra alti e bassi, i programmi di cucina si affermano all’interno della televisione come un vero e proprio fenomeno di costume, volto a formare nuovi chef determinati e di talento e a far venire l’acquolina in bocca a telespettatori, affamati tanto di nuove ricette quanto di nuovi volti del piccolo schermo.
Twitter: @VerBisconti