Gli USA e la sottile linea rossa

obama-siriaProsegue l’escalation di scontri in Siria fra le forze insurrezionali, che aspirano ad ottenere le riforme necessarie per la transizione verso uno Stato democratico, e il regime di Damasco.

L’emergenza umanitaria si fa sempre più drammatica: secondo i dati ufficiali dell’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il numero di esuli siriani sarebbe salito a 1,4 milioni, mentre il numero di morti equivarrebbe ad 80,000. Le rappresaglie hanno, inoltre, causato la distruzione di siti di straordinaria importanza storica come i minareti delle Moschee di Aleppo e Omari.

Pur essendo le prove di un utilizzo di armi chimiche da parte del governo siriano sempre più consistenti, la comunità internazionale non è pienamente unanime sulle azioni da intraprendere: l’ex ministro della difesa israeliano, Amir Peretz, invoca un intervento militare e il viceministro degli esteri Zeev Elkin ribadisce l’obbligo di controllo dell’arsenale di Assad; la Gran Bretagna si dice in possesso di “limitate ma convincenti” prove dell’utilizzo di armi chimiche, ma il comandante delle forze armate britanniche, Sir David Richards, paventa una guerra totale. Il Segretario Generale Ban Ki – moon rinnova l’appello affinché sia consentito al team delle Nazioni Unite un accesso senza restrizioni per verificare il presunto uso di armi chimiche.

L’intelligence americana ritiene che sia stato fatto uso di un gas nervino, il sarin, il che significherebbe che il regime ha valicato la famosa “linea rossa” che giustificherebbe un intervento da parte degli Stati Uniti.
Diversi sono, tuttavia, gli elementi che inducono l’amministrazione Obama a procedere con particolare cautela: gli USA sono in procinto di lasciare l’Afghanistan e non desiderano ingaggiare un nuovo conflitto; inoltre, i clamorosi errori di valutazione sull’effettiva sussistenza di armi chimiche in Iraq richiedono adesso maggiore prudenza, e nonostante la coalizione abbia ottenuto un riconoscimento, sussiste il fondato rischio che un aiuto ai ribelli possa cadere in mani jihadiste.
Ad oggi, il sostegno americano è rimasto circoscritto ad un aiuto di tipo umanitario, ad un’ “assistenza non letale“, secondo le parole del portavoce Jay Carney. La Casa Bianca ha applicato sanzioni nei confronti della Siria e si sta adoperando affinché il popolo siriano possa auspicare a futuro che non contempli il Presidente Assad; tuttavia l’ala Repubblicana continua ad invocare misure specifiche come l’istituzione di una “no – fly zone” e la fornitura di armi ai ribelli.
Il Presidente Obama ha oggi ribadito che l’uso di armi chimiche cambierebbe radicalmente la situazione e obbligherebbe a “rivedere la gamma di opzioni disponibili”. Ma la fantomatica linea rossa sembra sempre più evanescente.

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