Serracchiani “bestia rara”, conquista il Friuli ma senza Pd
A un Pd in punto di morte sembra sia stato concesso un ultimo desiderio: vincere qualcosa senza se e senza ma. Lo accontenta il Friuli Venenzia Giulia, che elegge come governatore Debora Serracchiani, la quale tuttavia non risparmia stoccate al partito.
«Abbiamo vinto», così gioisce Debora Serracchiani all’uscita dal suo ufficio nella sede del Pd di Udine. Mancava ancora un pugno di sezioni da scrutinare ma i numeri già consentivano alla candidata di centrosinistra di tirare un sospiro di sollievo e ufficializzare la vittoria alle regionali del Friuli Venenzia Giulia, il che ha dell’incredibile considerata l’ormai proverbiale attitidine del suo partito, il Pd, a “non vincere”. E invece in Friuli la giovane Serracchiani ha piena governabilità con il suo 39,9% di preferenze, che stacca solo di duemila voti l’avversario del Pdl, il governatore uscente della Regione Renzo Tondo. Fermo invece solo al 19,2% il candidato grillino Saverio Galluccio.
Certo è una vittoria misurata su un range assai ristretto, considerato che si è recato alla urne solo il 50,48% degli aventi diritto, percentuale che è la cartina tornasole di una disaffezione alla politica di cui tutti i partiti dovrebbe seriamente prendere coscienza, per fare un mea culpa e ripartire con un progetto.
Il Pd mette sotto chiave un risultato che non vedeva da tempo, in un momento in cui, imploso dopo i fallimenti e i tradimenti consumatisi nel corso dell’elezione del Presidente della Repubblica e rimasto acefalo in seguito alle dimissioni di Bersani, si incamminava a capo chino verso la disfatta, senza illusioni e senza speranza alcuna. E allora come avrà fatto a segnare questo punto? Qual è la ricetta segreta che non ha utilizzato in tutti gli altri frangenti cruciali in cui ce ne sarebbe stato gran bisogno? Lo dice senza mezzi termini la neoeletta Serracchiani: «Ho vinto perché non faccio parte dell’apparato, dal 25 febbraio non sento nessuno del mio partito», e ancora: «Siamo diventati una bestia rara: un centrosinistra che vince non si è mai visto». La direzione nazionale del partito non ha dato il suo sostegno e anzi è avvertita come un ostacolo, «senza Roma sarebbe stata un’asfaltata» ha infatti commentato la Serracchiani. Ma un partito che è d’ostacolo a se stesso, per usare un’espressione oramai marchiata da Grillo, è morto. E allora persino questa vittoria ha il sapore della sconfitta e sembra suggellare la fine, dopo lunga agonia, del Partito Democratico così come lo conoscevamo.
di Francesca De Leonardis