E’ un Inter da rifondare
Addio al sogno scudetto, accarezzato languidamente dopo la vittoriosa spedizione di Torino, addio al posto Champions, perso strada facendo con una serie di figure barbine, addio alla Coppa Italia, abbandonata dopo le due sfide di semifinale contro la Roma, la stagione dell’Inter si conclude così, con nessun obiettivo raggiunto e con l’inevitabile materializzarsi della parola rifondazione.
Il tabula rasa è pertanto ineluttabile, pena il protrarsi di un inconsistenza sportiva che rischia di sfociare nella persistenza, tutto ciò per la gioia di quei rivali sportivi che intonano “Amala”, l’inno della beneamata, con beffardo godere.
Le colpe di un’annata disastrata vanno sempre condivise fra le varie componenti, tuttavia non può negarsi come, nella ripartizione delle stesse, le maggiori responsabilità vadano attribuite al presidente Moratti, artefice di scelte errate e forse privato di quella scintilla che ha animato a lungo il suo amore per questa squadra. Il primo sbaglio, probabilmente prevedibile, è stato nell’affidare la guida tecnica a Stramaccioni, allenatore forse bravo, sicuramente preparato, ma privo dell’esperienza necessaria per guidare una squadra di blasone e senza il carisma occorrente per imporsi nei confronti della fronda argentina, da sempre anima e cuore pulsante dello spogliatoio nerazzurro. Il secondo errore, il più grave di tutti, è stato commesso nella costruzione della squadra, trovare oggi come stelle Cambiasso, Samuel, Milito e Zanetti, alla loro veneranda età, è indice dell’assenza di una necessaria progettualità, non esistono, in pratica, quei giocatori in grado di fornire il ricambio generazionale consentendo di pensare ad un futuro roseo. A riprova di ciò è sufficiente riflettere su quei giocatori che completano l’attuale rosa, e cioè i vari Mudingayi, Obi, Jonathan, Gargano e Silvestre, ossia onesti mestieranti che difficilmente troverebbero posto in una qualsiasi squadra di vertice. Come non bastasse, nel momento in cui si è reso necessario il rafforzamento della squadra nel mercato di riparazione, si è ben pensato di ricorrere a giocatori come Rocchi, Kuzmanovic e Schelotto, che nulla hanno aggiunto in termini qualitativi. Il terzo errore, che può definirsi endemico, sta nel ruolo di accentratore che il presidente dell’Inter continua a rivestire, la sensazione è che ogni decisione, anche la più ininfluente, debba precedentemente avere il suo placet, ciò comporta l’assenza di una reale struttura operativa e di uno staff con competenze specifiche, riducendo il tutto ad un gesto di approvazione o di diniego da parte dello stesso Moratti.
Non è un caso, forse, che l’anno dei successi sia coinciso con la presenza di Jose Mourinho, una persona che ama decidere e che decide, ma che soprattutto sa farsi ascoltare. In definitiva, Moratti dovrebbe far tesoro di un’annata tragicomica come questa per risolvere definitivamente quelle storture presenti nella sua società e nel suo relativo funzionamento, ripartire da giocatori di valore come Handanovic e Guarin e da quelli di prospettiva come Kovacic, affidare la panchina ad un uomo di carisma e fondare un progetto che riporti l’Inter al vertice nel giro di pochi anni, non fosse così sarebbe difficile comprendere le conseguenze a cui i nerazzurri andrebbero incontro. Se poi Moratti volesse proseguire sulla strada del fallimento c’è Bersani libero…