Boston: islamismo e complotti dietro le bombe

«Non abbiamo risposte sull’accaduto ma troveremo il responsabile». Questo è quanto dichiarato da Barack Obama durante la conferenza stampa dedicata all’attentato della maratona.

Il presidente ha evidenziato l’impossibilità di individuare le motivazioni dell’azione violenta: «È stato un atto di terrorismo, ma al momento il motivo e le persone dietro all’attentato di Boston restano sconosciuti. Non sappiamo ancora chi ha organizzato l’attentato, e perché lo ha fatto. Sappiamo che sono esplose delle bombe, che hanno provocato gravi danni, non sappiamo se è stata un’organizzazione o un individuo, o più individui». Parole, dunque, che invitano alla cautela, dimostrano la necessità di ulteriori indagini e cercano di evitare l’effetto anti-islamico, che è stata la più immediata risposta di molti cittadini e membri del governo statunitense. A testimonianza di questa posizione la natura degli ordigni: le pentole a pressione riempite di chiodi, cuscinetti e biglie metalliche sono bombe a basso costo che rimandano a una tecnica associata al terrorismo arabo e asiatico. Tant’è che il quotidiano di Nuova Delhi, ‘The Hindu’, ha testimoniato che durante gli addestramenti militari in Balucistan (tra Pakistan ed Afghanistan) stia prendendo piede l’insegnamento della costruzione di bombe-pentole che sarebbero state utilizzate nell’ultimo attentato di Varanasi.

Proprio in giornata, inoltre, è organizzata la presentazione al Senato della nuova legge sull’immigrazione, fattore che potrebbe essere connesso all’azione terroristica o presunta tale. Incisivo, a sostegno di questa teoria, è stato il tweet di Bryan Fischer, direttore dell’American Family Association che ha scritto: «NBC dice che il sospetto è uno studente con visto. Qualcuno vuole ripensare la politica di immigrazione dei musulmani in America?». La pista islamica, dunque, nonostante la cautela consigliata da Obama, impazza su Twitter e sui social network: numerosi i messaggi di accusa, di sospetto, per i presunti terroristi legati ad Al Qaida, accuse contro il governo americano e la tolleranza dimostrata verso gli islamici.

Al di là della pista che riaccende il razzismo, l’altro orientamento seguito da analisti e semplici curiosi fa riferimento alla teoria cospirativa. È Alex Jones, complottista statunitense, a parlare via Twitter e dai microfoni del suo programma radiofonico di ‘poca convinzione’ rispetto alle dinamiche dell’attentato. Si è parlato dunque di un episodio legato al valore simbolico del luogo dell’esplosione, di coincidenza temporale con il Patriot Day, ma è soprattutto la natura politico-simbolica della maratona di Boston ad animare le ipotesi più svariate. L’ultimo miglio della competizione in voga dal 1897, infatti, è dedicato ai sopravvissuti della strage della scuola di Newtown: l’evento che ha riportato in auge lo stridente dibattito sul possesso di armi da fuoco in America. Le coincidenze alla base di questa teoria riempiono i social network, tanto da aver portato alla creazione dell’ hashtag #falseflag, in rimando alle cospirazioni governative che starebbero alla base dell’attentato.

E, di nuovo, le parole di Obama invitano alla circospezione, alla calma, e assicurano il massimo impegno delle forze dell’ordine americane: «Abbiamo mobilitato tutte le nostre risorse per arrivare alla verità e trovare le risposte per i nostri cittadini. La polizia di Boston, i vigili del fuoco e la guardia nazionale hanno risposto immediatamente all’emergenza e stanno lavorando per tutti noi, per garantire la sicurezza di tutti. Non possiamo trarre conclusioni finché la situazione non è chiara, ma sicuramente riusciremo a capire chi è stato e perché lo ha fatto».

di Alessandra Corsini

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