Lo Stadio della Roma. Un grande imbroglio?
L’architetto di fama internazionale Paolo Portoghesi è intervenuto ai microfoni di “Te la do io Tokyo”, nell’ambito dell’inchiesta “Obiettivo Stadio” di approfondimento sul futuro stadio della Roma.
Il 15 giugno ci sarà la consegna del progetto definitivo dello stadio della Roma. Lei che idea si è fatto del progetto?
“Sono molto preoccupato, perché secondo me la Roma ha sicuramente una sua legittimità ad avere un suo stadio come lo ha la Juventus, ma la cosa è stata pensata in modo autonomo, senza che ci fosse un dibattito con la città, e soprattutto senza che le autorità esprimessero il loro parere sulla giusta collocazione. Altro fatto allarmante è che insieme alla costruzione dello stadio sono previste costruzioni a destinazione commerciale. Si parla di grattacieli: Roma ha resistito tanti anni a questa follia dei grattacieli e non vedo perché debba cominciare a costruirne adesso; anche perché il terreno della zona, soprattutto in vicinanza del Tevere, é poco adatto a sostenere grandi pesi. Mi sembra che ci sia molta improvvisazione e, sotto, l’ombra di una speculazione colossale destinata a fallire”.
L’assemblea capitolina comunque ne ha decretato la pubblica utilità.
“Sì e tutto questo con una fretta impressionante, senza che si parlasse di piano regolatore, senza individuare il peso di questa decisione che distrugge tutta una serie di ipotesi fatte in precedenza, come quella del parco del Tevere. Purtroppo la giunta attuale ha rotto i ponti con la storia della città.
Si è detto che la prima pietra verrà posata entro la fine del 2015. Le sembra una data possibile?
“Siamo sempre in questo clima di fare le cose di fretta. Ho assistito anche con un intervento molto preciso all’avventura di Venezia per l’apertura di quel mirabolante edificio, credo si chiamasse Lumiere. Ecco anche lì c’è stata questa fretta, con questa iniziativa privata clamorosa finita nel nulla perché priva dei crismi di una razionalità verificata. Se fosse stata scelta un’area diversa, dov’era prevista l’espansione della città, ad esempio a Est, sarebbe stato tutto enormemente più semplice”.
Fa riferimento a Tor Vergata?
“Certo. Era una situazione quanto mai positiva. C’è un’università vicina, una serie di funzioni importanti. Quella parte del Tevere rimasta integra poteva essere una grande risorsa per la città e ovviamente la risorsa più significativa sarebbe stata quella di fare un parco fluviale”.
Perché Tor di Valle e non un’altra area?
“Perché lì evidentemente il costo dei terreni è adatto ad un’operazione speculativa mentre altrove non lo è. Purtroppo Roma ogni tanto è così: è una città che riflette sul suo futuro, e dopo aver riflettuto sul suo futuro inizia un periodo in cui invece si fanno le cose solo perché è importante, per questioni elettorali, arrivare presto a risultati tangibili. Purtroppo questo è uno strumento formidabile perché soddisfa una buona parte della cittadinanza. Sotto la spinta di soddisfare questo desiderio condiviso e legittimo si sta preparando un altro dei gravissimi errori urbanistici che la città deve scontare”.
Chiunque non sia parte in prima persona di questo progetto ne parla in maniera negativa. I maligni dicono di tratti di gelosia. Lei cosa risponde?
“Guardi io sono fuori dai giochi. Non avrei mai potuto aspirare a costruire uno stadio perché non è una delle cose che io so fare. Dico questo: il coro delle reazioni è giustificato dalla follia dell’iniziativa, la quale non è sostenuta da nessuno che abbia una credibilità sotto il profilo urbanistico. Tanti urbanisti hanno lavorato negli ultimi decenni e non ce n’è uno che mi risulti essere favorevole. Si sta facendo un’operazione pubblicitaria senza tenere conto degli interessi della città. C’è il rischio di un’operazione settoriale che finisce in pochi mesi in un fallimento generale. Stiamoci attenti. Gli sportivi stiano attenti: dietro questa cosa ci può essere un grosso imbroglio”.