Riforma pensioni: due generazioni a confronto

Chi ce l’ha se l’è vista spremere in tempi di spread, tra le lacrime di Elsa Fornero. Chi per poco avrebbe dovuto averla s’è l’è vista scippare con l’aumento dell’età pensionabile. Chi non ce l’ha, nè l’avrebbe dovuta avere brancola ancora nella speranza di trovare un lavoro, figuriamoci immaginarsi la pensione. Legge Fornero, 2011: blocco delle rivalutazioni, aumento dell’età pensionabile, riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali. PD, PDL, è il governo delle larghe intese, la cordata del si “salvi chi può” rispose all’appello e votò il famigerato ddl. Gli effetti che ne seguirono produssero: disoccupazione al 13%, il calo dello spread, del reddito pro capite fino a scoprire poi che parte della riforma, 5 anni dopo, sarebbe stata dichiarata addirittura incostituzionale. Ne seguirono le elezioni, il maquillage politico, Enrico Letta poi Matteo Renzi, ed eccoci qua, di nuovo a parlare di pensioni. Principale voce di spesa del bilancio statale,bacino di risorse quindi di tagli, nonché terreno di scontro politico senza bandiere. Si potrebbe quasi affermare che le pensioni siano lo specchio del Paese. Tema divisivo ma anche consociativo, da quelle d’oro a quelle che al massimo sarebbero d’ottone: per le prime qualche adeguamento, le seconde le adegui a suon di scimitarra. Il Governo che però annuncia il giro di vite, l’ennesima riforma, l’ennesimo provvedimento. Matteo insomma non si accontenta è pronto a rottamare anche il sistema pensionistico. Leggendo però a ritroso gli interventi del Ministro Poletti l’impressione è quella di ascoltare un malato di Alzheimer all’ultimo stadio. Tagli sì, poi no, 80 euro sì, 80 euro no, pensioni d’oro sì, no, forse, vediamo. Non è ben chiaro cosa l’esecutivo abbia intenzione di mettere sul piatto, calato il sipario sul Jobs act è tempo di matter mano sugli sprechi dei degli avidi nonni, d’altra parte non v’è mai intenzione di restituire, magari il maltolto incostituzionale di montiana memoria, ma semmai sfoltire con furbizia. Scemata definitivamente l’ipotesi dei tagli ai vitalizi dei condannati, come sopito il dibattito sulle pensioni d’oro, ora in tutte le case di riposo d’Italia la parola d’ordine sarà: Pensione flessibile. Flessibile il lavoro, flessibile pure la pensione, flessibili tutti a 90° v’è da aggiungere. Minoranza PD prima, Area popolare poi sono state avanzate una serie di proposte, tra i punti fondamentali sembrerebbero esserci: abbassamento l’età pensionabile a 62 anni ma sarebbero necessari 35 anni di contributi in virtù di una penalizzazione del 2% sino a un massimo dell’8% a seconda dell’età d’uscita, i tagli ai baby pensionati, alle pensioni d’invalidità, guerra, cumulo e per finire l’uscita con prestito pensionistico: il lavoratore potrebbe andare prima in pensione ricevendo un anticipo sulla pensione finale da restituire con piccole trattenute mensili sino a quando non maturerà i requisiti oggi richiesti ex fornero lege. Ipotesi che sembrerebbero essere ora al vaglio della Commissione lavoro della Camera, la quale sta cercando una congiuntura tra le varie proposte, nonché tra i vari atteggiamenti delle opposizioni, tra cui la Lega favorevole a misure di flessibilità di uscita purchè utili ad un abbassamento dell’età pensionabile.

Attendere per capire dove tirerà il vento, certo è che sembra sempre minaccioso sentir parlare di pensioni. L’idea di un’ennesima riforma last minute sulla falsa riga del Jobs Act, in nome di un Governo che fa per disfare senza mai reinvestire, rischierebbe di trascinarsi a presso quella che per molti italiani non è solo una forma di reddito ma persino un ammortizzatore sociale. La crisi rende solidali e i nonni spessi danno quello che ai giovani viene tolto. Due generazioni divise sulla carta, lontane nelle opportunità, nelle speranze, nelle occasioni di crescita. Due generazioni unite, però, nella vita, nella consapevolezza di chi ha più ieri che domani e in quella di chi un domani non riesce ad immaginarlo. Uniti oggi, ieri e domani con le stesse paure con le stesse incertezze.

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