Oscar Romero, il santo dei Poveri

In questi giorni nel Salvador si celebra una beatificazione del tutto particolare: quella di Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, meglio noto come Oscar Romero, arcivescovo cattolico salvadoregno assassinato dagli squadroni della morte manovrati dalla CIA nel marzo del 1980.

Il nuovo parlamento ha stabilito che la giornata del 23 maggio sarà festiva, e dedicata alla memoria del “vescovo dei poveri”, sempre vicino agli ultimi e ostile a ogni tipo di sopruso e repressione.

Quella di Romero in un certo senso è stata una conversione nella fede. Era la seconda metà degli anni Settanta quando il suo “conservatorismo”, tendenzialmente lontano dalla propensione rivoluzionaria che la Teologia della Liberazione aveva cercato di comprendere e giustificare con il Concilio Vaticano II, scolora sempre di più fino a pervenire a una forma di cattolicesimo militante, non apertamente dalla parte dei fronti rivoluzionari, ma sicuramente, e con tutte le sue forze, contro la repressione istituzionale e le scorribande degli squadroni della morte che insanguinavano il Paese.

A cavallo tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta il Salvador conosce il suo maggior momento rivoluzionario contro la dittatura sostenuta dagli Stati Uniti. Il contesto internazionale è quello dei Tupamaros in Uruguay, dei Sandinisti in Nicaragua, del Che in Bolivia e del vescovo Camillo Torres che muore in Colombia con il fucile in mano. E’ la stagione dei movimenti di liberazione e in Salvador nascono le organizzazioni di contadini, operai, studenti e rivoluzionari che abbandonano la via parlamentare per puntare alla liberazione del Paese.

Tra  il ’72 e il ’77 la repressione si fa durissima,  gli Stati Uniti sono disposti a mettere a ferro e fuoco il continente latinoamericano pur di arginare il “pericolo rosso” che, nonostante tutti gli sforzi, si va diffondendo sempre di più. Il movimento di ribellione cresce, ma con esso aumentano e si fanno più cruente le violazioni dei diritti umani. E’ di fronte a questo, agli atroci segni di tortura trovati sui cadaveri, che Romero decide di schierarsi contro la repressione. In lui si fa più presente l’influenza dei teologi della liberazione.

Subito dopo il rovesciamento di Somoza in Nicaragua (19 Luglio) ecco il colpo di stato militare in Salvador, il 15 ottobre 1979. Nel gennaio del 1980 250.000 persone manifestano nel centro della capitale e il fronte rivoluzionario si stringe prima nella  Coordinadora revolucionaria de masas (Crm) e poi nel Fara­bundo Marti per la Libe­ra­zione Nazio­nale (Fmln) – che nel 1981 fallirà il piano rivoluzionario ma continuerà la guerra civile fino alla pace del 1992. Romero si reca in vaticano da Giovanni Paolo II per denunciare le atrocità commesse dagli squadroni della morte, ma la sua denuncia non trova spazio nella “crociata” di Wojtyla contro il comunismo.

Il 24 marzo 1980, dopo aver pronunciato una durissima omelia contro la repressione, Oscar Romero viene assassinato da un sicario agli ordini di Roberto D’Aubuisson, capo del partito di destra Alianza Republicana Nacionalista (Arena).

“Se mi ammazzano, risusciterò nel popolo” aveva detto poco tempo prima di morire. Oggi, con il pontificato di Papa Bergoglio, finalmente abbiamo la consacrazione ufficiale, ma il suo coraggio ha vibrato nei cuori degli ultimi fin da subito, quando dopo la sua morte fu chiamato san Romero d’America, il Santo dei Poveri.

 

Fonti:
Geraldina Collotti, San Romero del Salvador.  su il Manifesto del 21 maggio.

 

@aurelio_lentini

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