Inghilterra, addio alla Corte di Strasburgo?

«Questo è il paese che ha scritto la Magna Charta, liberato l’Europa dal fascismo e che oggi si batte contro la violenza sessuale in guerra. Non abbiamo bisogno di lezioni dai giudici di Strasburgo». Un messaggio chiaro, quello del neoeletto premier britannico Cameron. Un attacco diretto alla Corte europea dei diritti dell’uomo che – per citare l’ex ministro della Giustizia britannico Christopher Grayling – nei corridoi di Dowining Street è considerata né più né meno che «una distorsione dei diritti umani che nuoce al Regno Unito».

human right actDel resto, i Conservatori l’avevano promesso in campagna elettorale e ora, forti della rielezione, si apprestano a mantenere la parola, facendo di questa riforma un punto chiave dell’offensiva che il Cameron II si appresta a lanciare nei primi cento giorni di governo. «The next Conservative Government will scrap the Human Rights Act, and introduce a British Bill of Rights. This will break the formal link between British courts and the European Court of Human Rights, and make our own Supreme Court the ultimate arbiter of human rights matters in the UK». Traduzione: l’Inghilterra dirà addio alla Corte di Strasburgo e tornerà padrona in casa propria, almeno in tema di diritti umani. La discussione ormai è datata – i Conservatori ne parlano già dal 2012 – ma ora, liberi dal giogo dei liberaldemocratici, i tories tentano la volata: stracciare l’Human Right Act, introdotto nel 1998 dall’ex premier Tony Blair, e liberare l’Inghilterra dall’egida dei giudici di Strasburgo.

govePer rimpiazzare il trattato blairiano che ha dato esecuzione diretta alla Convenzione europea nell’ordinamento britannico, sarebbe già pronto il “British Bill of Rights”, che rimetterebbe il giudizio finale non più nelle mani della Corte europea – nata nel 1959 per assicurare il rispetto della Convenzione europea della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 – ma in quelle della Supreme Court. Araldo di questa rivoluzione è Michael Gove, ministro della Giustizia fresco di nomina ma già noto per i suoi editoriali sul Times, in particolare per la sua posizione sulla pena di morte – che, a suo dire, andrebbe reintrodotta nell’ordinamento inglese – e per la sua predilezione per la forca. Se la battaglia è sul piano dei diritti, la posta in gioco è molto più alta, come ha spiegato chiaramente Oliver Wright sull’Indipendent: «Non è possibile per il Governo Inglese “rompere il legame formale” tra il Regno Unito e la Corte europea dei diritti umani senza ritirarsi completamente dalla Convenzione». Rifiutare di riconoscere alla Corte il ruolo di giudice ultimo si tradurrebbe in un’immediata espulsione dal Consiglio d’Europa, rischiando di pregiudicare la permanenza dell’UK nell’Unione: nonostante siano istituzioni e corti separate, infatti, la ratifica della Convenzione è una delle condizioni per essere membri dell’Unione.

Le conseguenze, però, non ricadrebbero solo sui rapporti con l’UE, ma anche nei confini inglesi. Il Parlamento Scozzese, infatti, si oppone fermamente a qualsiasi tentativo di slegarsi da Strasburgo e un suo eventuale (e probabile) voto contrario potrebbe dar vita a uno scenario spaccato, con il British Bill of Rights valido in Inghilterra e non riconosciuto in Scozia. Ma i problemi più grossi non sono legati alla Scozia, già recalcitrante di fronte al controllo di Londra, bensì all’Irlanda del Nord. La Convenzione europea, infatti, è integrata nel Good Friday Agreement, l’accordo che nel 1998 ha posto fine alla lotta armata fra unionisti e repubblicani. Metterla in discussione significherebbe quasi certamente dover riscrivere il trattato, un passo che – dice ancora l’Indipendent – «any British politician would want to undertake lightly or, in fact, at all». I problemi sono molti e in tanti stimano una bassa percentuale di successo. Se, infatti, il testo riuscisse a passare nella House of Commons, il suo percorso sarebbe più accidentato nella House of Lords, dove i tories non hanno la maggioranza. Ma anche tra i Conservatori non mancano i malumori e sono in molti a non vedere di buon occhio l’abbandono della Corte europea e le sue possibili conseguenze. Conseguenze che potrebbero ripercuotersi anche molto lontano dalle coste inglesi: l’esempio del Regno Unito, infatti, potrebbe spingere altri Paesi a seguire le sue orme. Anche Paesi che, al contrario dell’Inghilterra, non possono vantare una solida tradizione democratica.