Da Roberto Benigni a Stefano Accorsi: la letteratura invade la tv
La televisione è un mezzo di comunicazione importante, che abbraccia vari aspetti delle nostre culture e tradizioni. Cosa succede se la letteratura fa il suo ingresso dai nostri schermi televisivi e, in punta di piedi, si approccia in maniera diversa da come siamo abituati a considerarla? Se è vero che non si vive di solo pane e cultura, è pur evidente che un’operazione mediatica di questo genere è già stata adottata da diversi anni, con serietà e professionalità, ma anche con quel pizzico di leggerezza che serve a catturare l’attenzione.
E’ con questo spirito che va letto un ideale passaggio di testimone da Roberto Benigni a Stefano Accorsi, due eccellenze del cinema italiano che, con la loro esperienza, hanno divulgato o divulgheranno la cultura in modo del tutto inaspettato e originale. Se Benigni ha letto le terzine dantesche dell’ “Inferno“, trascinando il pubblico con la sua solita irriverenza e simpatia, l’approccio di Accorsi è diverso, a metà tra l’ascoltatore e il conduttore.
Il nuovo programma dell’attore di “1992”, “Le parole che restano” (in programma per l’11 maggio su Sky Arte), altro non è che un viaggio, uno scavare nei ricordi di alcune personalità del mondo dell’arte e dello spettacolo, e portare alla luce i libri che hanno segnato la loro vita. L’obiettivo è quello di dimostrare che un libro è qualcosa di più di un oggetto, è un pezzo di un mosaico chiamato vita che, piaccia o non piaccia, è ricca di emozioni e sorprese.
Mentre Roberto Benigni viaggia da solo nelle sue avventure letterarie, Accorsi si lascia accompagnare da nove personaggi che, puntata dopo puntata, racconteranno le loro storie: si passerà con disinvoltura da Mimmo Paladino, artista e scultore, a celebrità del mondo della musica o della letteratura, come Carmen Consoli o Andrea Camilleri.
Nonostante i modi d’interpretare la letteratura siano diversi, Roberto Benigni e Stefano Accorsi sono due figure di spicco, capaci di raccontare un mondo che, nell’immaginario collettivo, è limitato a poche persone e che, in realtà, è più accessibile e diretto di quanto pensiamo.