Pif ci racconta la tv: “Se non ci vai sei uno sconosciuto”
Il 4 marzo ha avuto inizio su Mtv la quinta edizione de Il Testimone. Pif, Pierfrancesco Diliberto, ci racconta qualche curiosità sul programma che cerca e scruta ambienti e persone di cui tutti gli altri evitano di parlare. Dai transessuali alla gente che si rifiuta di pagare il pizzo, la telecamera di Pif si addentrerà anche nei luoghi più familiari delle vite degli italiani, dal capodanno a Cortina al fenomeno mediatico della cucina.
Ma l’attenzione per la società e gli aspetti umani, in ogni piccolo particolare, continua anche nei suoi progetti cinematografici.
In questa quinta edizione de “Il Testimone” ti troveremo infiltrato nelle riprese della famosa soap napoletana “Un posto al sole”, nelle case degli italiani che hanno scelto di vivere in Islanda, disorientato dai centri commerciali di Dubai e dal fanatismo religioso a San Giovanni Rotondo… alla fine dei tuoi viaggi, che impressione ti è rimasta degli italiani di oggi, al di là di ogni possibile etichettatura?
Ho sempre avuto l’impressione che l’italiano è uno che, in un modo o in un altro, riesce a farcela. Anche se abbiamo aspetti da terzo mondo, e lo dico seriamente, anche se nelle classifiche siamo sempre terzultimi, dopo di noi di solito ci sono il Portogallo e la Grecia, alla fine nel G8 ci siamo pure noi, con nostra immensa sorpresa.
Alla base de “Il Testimone” ci potrebbe essere la teoria secondo cui non si giudica una persona prima d’averla conosciuta a sufficienza. È difficile, però, approcciarsi ad un ambiente diverso dal proprio con la mente totalmente sgombra anche dal minimo pregiudizio. In quali casi l’idea che ti eri fatto su una categoria di persone, come i cantanti neomelodici o i collezionisti d’arte contemporanea, è stata rafforzata a fine puntata e in quali, invece, hai dovuto ricrederti?
Di solito parto con una mia idea, perché è inevitabile non averla, ma sono pronto a cambiarla. Spesso la rafforzo, come nella puntata dei genitori gay, o la cambio, più che altro nel senso che l’approfondisco. Di pensare nero, e invece scopro che è bianco, non ricordo che mi sia mai successo.
Durante la messa in onda del programma, hai il modo di interagire con gli spettatori grazie al profilo Twitter di Mtv Italia. Nella scorsa stagione, durante quali puntate si sono creati scambi di commenti che ti hanno divertito o coinvolto maggiormente?
Ma quello che mi colpisce di più è la precisazione di alcune citazioni, ricavate dalla puntata appena andata in onda. Io non credo di riuscire a essere così attento quando guardo la tv. Questo mi fa piacere da una parte, mi distrugge quando mi fanno notare, anche se simpaticamente, che ho sbagliato qualcosa.
Anche nei casi più seri, la tua ironia è sicuramente una delle armi vincenti del programma. Presentando alla produzione questa innovativa tipologia di documentario, hai dovuto superare qualche ostacolo o convincere qualche diffidente?
Quando ho proposto a Mtv il Testimone, mi guardavano come se fossi un marziano. Credo che fossero preoccupati molto dall’idea di fare un programma con una telecamerina amatoriale. E ora che ci penso, all’inizio rimanevano un po’ spiazzati anche da come trattavo gli argomenti. Adesso, a volte, si lamentano quando faccio pochi commenti.
A parte Mtv e la pay tv, cosa pensi della televisione italiana e cosa non vorresti vedere nelle reti generaliste?
Una cosa che per me rimane inspiegabile è la premiazione che si svolge in un paesino sperduto di mare, trasmesso di solito da Rai Uno, in piena estate che non interessa a nessuno. E’ l’emblema della politica in Rai. Perché se indaghi sono abbastanza sicuro che casualmente, in quel paesino, sarà nato qualche politico. La tv rispecchia una popolazione. Se diciamo che la tv italiana fa schifo…
Negli ultimi anni sono aumentati i casi di artisti “fai da te”. Con una telecamera in mano e le potenzialità di internet si possono rendere pubbliche le proprie idee. Che giudizio dai a questo tipo di esordio e a lavori come “Freaks”, “Lost in google” e “Days the crossmovie”?
Se non vai in tv sei assolutamente uno sconosciuto. C’è gente che fa un 1.000.000 di visualizzazioni su Youtube, ma appena esce da quel mondo nessuno lo conosce. Ti puoi permettere di non vedere la tv perché la segui tramite internet, ma il mondo produttivo, che fa i programmi più importanti, è ancora quello televisivo. E’ da circa 15 anni che si parla di Tv web, ma i numeri veri vengono ancora dalla tv.
Come sei approdato, invece, al piccolo schermo più di dieci anni fa?
Ho fatto un corso di autore televisivo a Milano. Lì ho conosciuto Davide Parenti, il capo autore delle Iene.
Nella tua carriera c’è anche il cinema. Qual è il titolo del tuo primo film e di cosa parla?
Si intitola “La mafia uccide solo d’estate” e racconta la storia di una ragazzo che nasce e cresce a Palermo, e tutte le tappe della sua vita vengono influenzate dalla mafia. Una vita inventata che si incrocia con fatti realmente accaduti. Lo so che sembra strano, ma in questo incrocio ci saranno molti momenti divertenti.
Questo soggetto ha preso vita recentemente o è stata una lenta evoluzione fino al momento in cui hai capito di avere le giuste possibilità, sia artistiche che produttive?
Mario Gianani, il produttore del film, quattro anni fa mi ha chiamato perché seguiva il Testimone e mi ha chiesto qualche idea per il cinema. Poi, diciamo, che abbiamo preso i nostri tempi, senza troppa fretta. Abbiamo preferito dare priorità alla qualità del progetto. Ora è pronto e alcuni festival cinematografici lo stanno visionando. Poi decideremo quando uscire.
Il tuo cinema così come i tuoi servizi, da “Le Iene” a “Il Testimone”, hanno sempre avuto un occhio di riguardo verso la Sicilia e le sue tematiche. Adesso che lavori nel “continente”, che impressioni hai ogni volta che atterri nella tua città, Palermo, e come la vedi cambiata da un punto di vista sociale e culturale negli ultimi anni?
Ora, paradossalmente ne so meno, perché non ci vivo più. Politicamente c’è una boccata d’ossigeno, anzi siamo avantissimi. Vedo una luce in fondo al tunnel.
Nel 2009, durante uno dei suoi incontri al Teatro Valle, Emma Dante ha detto che far crescere la propria compagnia teatrale a Palermo era un modo per cambiare le cose dall’interno, combattendo a tu per tu le avversità. Anche tu, in futuro, hai un progetto simile e che difficoltà hai trovato nel girare il film nella tua città?
Solitamente, quando una produzione cinematografica gira a Palermo paga il pizzo. Lo paga facendo lavorare alcune persone imposte da mafiosetti locali. Io ho chiesto e ottenuto che questo, nel mio film, non accadesse. E infatti non è successo. A Palermo fare cose che nel resto del mondo sono normali, vuol dire fare qualcosa di eccezionale. Emma Dante ne è un esempio.