Metro C coast to coast: benvenuti nel futuro
Erano gli anni novanta quando a Roma si iniziò a parlare di Metro C. Addirittura si pensò di poterla inaugurare per il Giubileo del 2000. Ma tra un “magna magna” e l’altro i lavori iniziarono solo nel 2007, e si protrassero per quasi un decennio, fino ad arrivare alla fatidica data del 9 novembre 2014, quando ci si accinse a far partire la prima corsa tra Parco di Centocelle e Monte Compatri/Pantano. A sei mesi dall’attivazione di questo nuovo servizio su binario, e nell’attesa della prossima apertura del tratto Centocelle-Lodi che avverrà in luglio (Marino dixit ma meglio non farci troppo affidamento), Ld24 ha deciso di testare i nuovi treni e avventurarsi sulla nuovissima linea C.
Come già accennato, la prima tratta che va da Monte Compatri/Pantano a Parco di Centocelle, è composta da 15 stazioni (Parco di Centocelle, Alessandrino, Torre Spaccata, Torre Maura, Giardinetti, Torrenova, Torre Angela, Torre Gaia, Grotte Celoni, Due Leoni-Fontana Candida, Borghesiana, Bolognetta, Finocchio, Graniti, Monte Compatri/Pantano), per un totale di 12,5 Km di percorso (4,3 in sotterranea e 8,2 in superficie).
Il nostro viaggio inizia dalla stazione di Parco di Centocelle che si affaccia direttamente sulla via Casilina, a pochi metri dall’incrocio con via Palmiro Togliatti. Appena entrati sembra quasi di essere altrove, non certo in una metropolitana nostrana: nessuna bancarella all’esterno, pulizia, aria fresca, muri puliti, tornelli funzionati e, soprattutto, pochissime persone. Obliteriamo il biglietto da bravi “cittadini trasgressivi” e ci addentriamo nel sottosuolo attraverso una serie di scale mobili che, secondo le indicazioni, ci portano al livello dei binari. E qui abbiamo una sorpresa, poiché, nell’unica direzione possibile da prendere, invece che trovarci di fronte i binari ci sono delle strane porte presumibilmente di vetro. Ci guardiamo intorno smarriti: probabilmente abbiamo sbagliato strada. Invece no. Improvvisamente arriva un treno a toglierci dall’imbarazzo, e si ferma proprio davanti a queste porte, le quali scorrono all’unisono con quelle del convoglio. Una protezione davvero utile per scongiurare incidenti e scoraggiare aspiranti suicidi.
Il viaggio inizia alle 11:18. Appena entrati pensiamo di aver attraversato un varco per un altro mondo, un mondo moderno e pulito. Il treno è nuovo di zecca, nessuno ha ancora pensato di imbrattarlo, il pavimento ed i sedili sono lindi, c’è una piacevole temperatura fresca e la voce che annuncia la prossima fermata non è gracchiante. Neanche il tempo di dare un’occhiata completa al convoglio che, alle 11:20, siamo già alla stazione seguente, Alessandrino. Momentaneamente siamo ancora sotto terra, ma arrivati alla fermata Giardinetti, ritorniamo a vedere la luce del giorno, e ci accorgiamo di qualcosa che precedentemente, tra la fretta di salire a bordo e la meraviglia dell’ambiente in cui siamo capitati, ci era letteralmente sfuggita: il treno non ha conducente.
Ebbene si, non c’è il macchinista chiuso nel suo bugigattolo ma un bel vetro su entrambe le estremità del convoglio dal quale è possibile vedere il percorso. La metro è infatti controllata da un sistema di automazione integrale “driverless”, gestito dal personale della centrale operativa (come apprendiamo da internet). I tecnici si occupano dell’avvio automatico dei treni, del controllo e la gestione della posizione, la direzione di marcia, la velocità e la distanza tra un treno e l’altro.
In prossimità della fermata Due Leoni/Fontana Candida, la voce già citata ci avvisa che “il treno si sta posizionando correttamente”, ed in effetti notiamo qualche secondo in più di attesa nel ripartire dalla stazione. Il treno è dotato di monitor funzionanti a lato di ogni panca che segnalano l’orario di servizio e la prossima fermata con relativa direzione d’uscita. Notiamo anche la presenza di qualche estintore che non guasta mai.
Alle 11.42, a 22 minuti dalla partenza, giungiamo a destinazione, ovvero alla fermata-capolinea di Monte Compatri/Pantano. Su di un pannello luminoso leggiamo che il convoglio si rimetterà in moto tra 12 minuti, così, per ingannare l’attesa, ci mettiamo a curiosare in stazione, tanto per notare qualcosa di stonato. Incredibilmente non c’è pecca o difetto: le scale mobili funzionano, i tornelli sono tutti ancora come nuovi. Ma gli ascensori? Sperando di non restare chiusi dentro (la stazione è praticamente vuota fatta eccezione per gli operatori nel gabbiotto vicino i tornelli ed un paio di signore che chiacchierano in prossimità dell’uscita) entriamo in un ascensore, e non solo lo troviamo perfettamente funzionante, ma emana persino un vago odore di fresco al posto del consueto olezzo da vespasiano.
Risaliamo sulla banchina d’attesa e ritroviamo il convoglio che ci stava aspettando per tornare indietro. Il treno è letteralmente vuoto, ci siamo solo noi, ed inizia a riempirsi di viaggiatori solo alla fermata successiva. Una bella differenza con le linee A e B, sulle quali già per entrare bisogna fare a spintoni, e se disgraziatamente si finisce incastrati tra troppa gente lontano dalle porte, si rischia di non riuscire a scendere. Per non parlare poi della sporcizia, del fatto che l’aria condizionata spesso e volentieri non è funzionante e del conseguente sgradevole odore di umanità che ci tocca respirare.
Come già accennato, a luglio dovrebbero essere operative le nuove stazioni di Mirti, Gardenie, Teano, Malatesta, Pigneto e Lodi. Dunque altri 5,4 km di comfort per gli avventori e per i tester come noi che pregustano già il prossimo viaggio esplorativo.
Twitter: @Claudia78P