Cannes 2015 l’Italia cala il tris d’assi
Svelato il programma ufficiale della sessantottesima edizione del Festival di Cannes (13-24 maggio) con la classica conferenza stampa nella quale il presidente Pierre Lescure e il delegato Thierry Fremaux hanno messo le carte in tavola ribadendo con chiarezza che i pregiudizi di chi afferma che sulla Croisette vengano sempre chiamati gli stessi autori è da sfatare una volta per tutte e i titoli selezionati in concorso sembrano confermare un orientamento che mai come quest’anno punta, oltre che su autori affermati e habituè, sulla scoperta di nuovo talenti meno conosciuti provenienti dai cinque continenti. A dare il via alla kermesse sarà Emmanuelle Bercot, l’attrice e regista francese già autrice de Gli Infedeli, Elle s’en va, Polisse (anche se di quest’ultimo firmataria solo della sceneggiatura) prima mai nessuna regista donna aveva avuto l’onore di inaugurare l’evento, quest’anno accade per la prima volta. Il suo film La Tête Haute racconta la vita di un giovane delinquente, Malony, dall’infanzia all’età adulta. Quest’anno l’arduo compito di presiedere la giuria sarà affidato ai fratelli Ethan e Joel Coen, Palma d’Oro nel 1991 con Barton Fink, che insieme a Sophie Marceau, Xavier Dolan, Siena Miller, Jake Gyllenhal, Rokia Traorè, Guillermo Del Toro e Rossy De Palma, saranno chiamati a decidere le sorti di un Festival tutto da scoprire in cui l’Italia torna a recitare un legittimo ruolo da protagonista con ben tre pellicole in concorso.
Moretti, Sorrentino e Garrone, i top player della regia nostrana, ambiscono concretamente al massimo riconoscimento con tre film diversissimi a cominciare da Mia Madre del Nanni nazionale uscito nelle nostre sale e già ampiamente dibattuto da pubblico e critica, tra dolore privato e un set cinematografico da dirigere, temi cari alla poetica del regista romano. Tutte da scoprire Giovinezza la seconda trasferta oltreoceanica di Paolo Sorrentino che si affida ad un cast stellare (Micheal Caine, Harvey Keitel, Jane Fonda) per raccontare un affresco immerso tra passato, presente e futuro in cui due ottantenni si ritrovano in vacanza in un albergo sulle Alpi. Il primo sta finendo di girare il suo ultimo film mentre l’altro è un ex direttore d’orchestra che ha chiuso i battenti, ma a cui qualcuno chiede a tutti i costi di tornare in campo. Trae spunto dai racconti fiabeschi della tradizione napoletana di Giambattista Basile, tra re regine, orchi, boschi e castelli, l’ultimo lavoro di Matteo Garrone Il racconto dei racconti, storie in salsa barocca ispirate alla vita di tre regni e dei suoi rispettivi sovrani con Vincent Cassel, Salma Hayek, John C. Reilly e Alba Rohrwacher protagonisti e alle prese tra intrighi e incantesimi. E il resto del mondo? Tra i papabili contendenti al tris d’assi italiano è nutrita concorrenza indigena capitanata da Jacques Audiard, regista dell’acclamatissimo Il Profeta e di un Sapore di ruggine e ossa che presenta Dheepan storia di un rifugiato politico tamil esule in Francia, a cui si aggiunge la giovane Valèrie Donzelli con Marguerite et Julien, storia d’amore inconsueta, tra passione, desiderio e scandalo, la talentuosa Maiwenn Le Besco che torna a Cannes dopo quattro anni (Polisse 2011) con Mon Roi storia familiare complicata e drammatica di una coppia di genitori nel corso degli eventi della vita, e per chiudere A Simple Man di Stèphane Brizè, la storia di Thierry cinquantunenne francese che riesce a trovare un lavoro che metterà seriamente in discussione la sua coscienza morale.
Meno folta rispetto agli altri anni la pattuglia nordamericana, ma i tre film selezionati sono sicuramente opere di registi di spessore a cominciare da Gus Van Sant (Palma d’oro nel 2003 con Elephant) che con The Sea of Threes esplora gli abissi interiori di un Matthew Mc Conaughey alla ricerca di se stesso attraverso l’incontro con Ken Watanabe che lo aiuterà a percorrere un viaggio per ritrovare il senso della vita e l’amore per sua moglie Naomi Watts. Ritorno alla regia anche per Todd Haynes che torna con Carol alle atmosfere patinate della New York anni cinquanta, ispirandosi al romanzo di Patricia Higsmith The Price of Salt, dove due donne socialmente antitetiche (Cate Blanchett sposata e aristocratica e Rooney Mara dipendente di un grande magazzino finiscono per innamorarsi, ma la loro unione è destinata ad essere inevitabilmente ostacolata da una società bigotta e conservatrice. Tutt’altra ambientazione per Sicario del canadese Denis Villeneuve incentrato sul confine messicano tra scappatoie legali, boss senza scrupoli e atmosfere degne di Non è un Paese per Vecchi dei fratelli Coen, con Benicio Del Toro, Emily Blunt e Josh Brolin alle prese tra depravazioni e violenze. Consistente anche il fronte asiatico con tre pellicole di tutto rispetto col ritorno alla Croisette di Hou Hsiao-Hsien che ambienta il suo Assassin durante il periodo della dinastia cinese dei Tang dove una giovane donna si allena per diventare una spietata assassina e a cui verrà chiesto di ammazzare il suo amante. In concorso anche l’ultimo lavoro di Jia Zhang-Ke – Monutains May Depart – ambientato tra fine anni novanta e il 2025, dove la giovane Tao e il ricco Zhang hanno un figlio, Dollar,divorziano e padre e figlio emigrano in Australia, ma i loro rapporti si chiudono con la bancarotta di Zhang e l’unica cosa che Dollar ricorderà della madre è solo il suo nome. Chiude la trilogia asiatica il giapponese Our Little Sister di Hirokazu Koreeda, storia di tre sorelle in viaggio verso il funerale di un padre assente alla scoperta di una quarta sorellastra adolescente che diventerà parte integrante della loro vita.
Cast stellare anche per Louder Than Bombs, opera prima del regista norvegese Joachim Trier, con Gabriel Byrne padre di due figli (uno dei quali è interpretato da Jesse Eisenberg) alle prese col ricordo della madre Isabelle Huppert, reporter di guerra deceduta tre anni prima. Per chiudere le ultime tre pellicole targate Europa tra cui desta molta curiosità The Lobster del regista greco Yorgos Lantimos alla sua prima regia solista dove in un futuro immaginario i single sono fuorilegge da rinchiudere in un Hotel dove in due settimane sono costretti a trovare un compagno pena l’abbandono allo stato brado, mentre Son of Soul dell’ungherese Laszlo Nemes, anche lui all’esordio dietro la m.d.p., è ambientato nel 1944 tra i roghi di Auschwitz dove un prigioniero costretto a bruciare i cadaveri trova un riscatto morale nel salvare dalle fiamme un corpo di un ragazzo a cui decide di dedicarsi. A completare la playlist cannense Macbeth dell’australiano Justin Kurzel, ennesimo adattamento dell’opera Shakesperiana con linguaggio e ambientazione originari e un Micheal Fassbender già in pole per la statuetta di miglior attore. Gli ingredienti e le aspettative ci sono, il cocktail tra usato sicuro e sperimentazione sembra credibile, la qualità delle pellicole è fuori discussione, non ci resta che goderci lo spettacolo sperando che le grandi aspettative del Belpaese siano coronate con la Palma d’Oro.