Quando il risultato passa in secondo piano

In un intreccio di rivalità calcistica e politica ieri, in una Zagabria blindata, si sono sfidate Croazia e Serbia in un incontro decisivo per gli uomini di Mihajlovic per continuare a nutrire qualche speranza di partecipare ai Mondiali brasiliani

In un intreccio di rivalità calcistica e politica ieri, in una Zagabria blindata, si sono sfidate Croazia e Serbia in un incontro decisivo per gli uomini di Mihajlovic per continuare a nutrire qualche speranza di partecipare ai Mondiali brasiliani.

Secco 2-0 per i croati di Stimac che ora guidano in solitudine il girone A. Sospiro di sollievo dell’UEFA per come sono andate le cose sugli spalti ma soprattutto in campo. I timori d’altronde erano più che fondati. Era il 1990 quando lo stesso stadio di ieri, il Maksimir di Zagabria, divenne il simbolo dell’inizio della fine della Jugoslavia. La partita che mai fu disputata tra la squadra di casa della Dinamo e la Stella Rossa di Belgrado ad una settimana dall’affermazione elettorale dei nazionalisti croati diede il via ad una serie di eventi terrificanti. La foto di Boban che scalcia un poliziotto divenne l’immagine di una tensione che stava per superare il livello di guardia. Un anno dopo i Balcani sprofondarono nell’abisso della guerra civile, nell’orrore della pulizia etnica.

Il campo ha sancito che la Serbia di Mihailovic (definito persona non gradita dagli ultrà nazionalisti croati) con molta probabilità non andrà in Brasile, troppo forte la Croazia di Olic autore del secondo gol e dell’assist per il vantaggio realizzato da Mandzukic. Ma se sul campo dal punto di vista del gioco non c’è stato nessun sussulto, proprio dal campo sono venute le note più liete extra calcistiche con i giocatori serbi ad applaudire l’inno croato (quello serbo è stato fischiato da tutto lo stadio) e nessuna espulsione come si auspicava il CT serbo.

Fuori dal campo invece le tensioni sono affiorate anche se in modo lieve. Sono ancora troppo vive le ferite lasciate da un conflitto disumano e devastante. Niente serbi a seguito della Nazionale, mentre solo uno sparuto gruppo di supporter croati ha dato vita a qualche incidente nella mattinata. Il minimo se pensiamo che durante il conflitto furono le curve di Zagabria e Belgrado il serbatoio umano per la costituzione delle milizie più feroci. Impensabile sperare che la follia dei Milosevic, Arkan sia morta con loro, che le “gesta” Mladic e Karadzic non continuino a seminare odio.

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