Tagli ai vitalizi dei condannati: rinviare per dire no
Nuovo rinvio del Governo sul taglio dei vitalizi ai condannati. Un odi et amo, l’ambivalenza sul tema del Partito democratico procrastina la riunione degli uffici di presidenza di Camera e Senato convocata il 15 aprile ma scemata in un nulla di fatto.
E’ la macroarea dei diritti acquisiti a farla da padrona e spingere in tempi di crisi verso un ridimensionamento dei privilegi, soprattutto se a quei privilegi non v’è la virtù che consiglia. L’indignazione dell’opinione pubblica non basta però a scrollare gli animi delle maggioranze che sul tema affermano avere molte perplessità. La situazione per i Democratici è spinosa, crescono i malcontenti nel partito e anche il numero dei condannati così la vecchia guardia legata alla Dc fa sapere di non gradire granché il provvedimento. C’è chi parla di un “vespaio senza fine”, chi teme la gogna pubblica: “la politica finirebbe sul banco degli imputati” e chi di converso si schiera a fianco del Presidente del Senato, Piero Grasso che del taglio ai vitalizi ne ha fatto una vera crociata: “Via subito e per sempre i vitalizi ai politici condannati per mafia e corruzione” aveva detto all’inaugurazione dell’aeroporto di Comiso. Certo è che i fatti di cronaca non aiutino ma se il prezzo dei vitalizi pesa relativamente sul bilancio, più incisivo è sui sondaggi . C’è chi questo ragionamento lo ha fatto, valutando come un atteggiamento schivo sulla questione comporti un vero e proprio assit alle opposizioni spesso compatte a riguardo. Dal Movimento 5 stelle a Fratelli d’Italia coi vitalizi si fa cassa in tempi di spending rewiew ma soprattutto in campagna elettorale, battaglia che il PD non vuole certo lasciare in mano nemica. Ci sono poi i dubbi di costituzionalità del disegno di legge, alcuni battagliano l’inattuabilità del provvedimento trattandosi di parlamentari, tesi alquanto dubbia ma che ha trovato appiglio in qualche costituzionalista. Semplificando le ragioni esibite: tagliare i vitalizi ai condannati cozzerebbe con il prestigio di una carica, quella del parlamentare, che gode di particolari protezioni in Costituzione. Opinione alquanto discutibile soprattutto se si valuta il quadro completo laddove a condanna corrisponde perdita della carica, addirittura con la Severino futura ineleggibilità del soggetto che però, visto l’egregio servizio reso alla Nazione che gli è valso pure una condanna avrebbe diritto saeculorum a farsi mantenere dallo Stato. A quattr’occhi sembrerebbe più incostituzionale la tesi di incostituzionalità che il provvedimento stesso.
Calma e sangue freddo, in definitiva, il Governo prende tempo e con esso gli stessi partiti che non hanno ancora redatto possibili liste dei soggetti coinvolte. Ad rei perpetuam memoriam vi sono solo le inchieste giornalistiche che portano agli onori della cronaca nomi di spicco quali Marcello Dell’utri (concorso esterno in associazione mafiosa), Cirino Pomicino (finanziamento illecito e corruzione), Totò Cuffaro (favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreto istruttorio). Un ricco menù di reati e condannati spesati che stona coi sacrifici e gli sforzi di cittadini inermi. A farla da padrona resta così la sensazione di una confusione, di un indeterminatezza creata ad hoc attorno ad provvedimento inviso al ceto politico. Così, se venti giorni fa si annunciava: “Il destino della proposta sembra segnato”, oggi il cammino della proposta si fa sempre più tortuoso e meno scontanto. Insomma, un lieto fine destinato a non arrivare mai che cerca nei cavilli il pretesto di una classe politica irrimediabilmente scevra da conseguenze che vadano oltre il chiacchiericcio mediatico. L’abile arte del far “spallucce” convincerà poi i più che “meglio non si poteva fare” e “non c’erano i presupposti affinché che” d’altronde sempre, inequivocabilmente e costantemente “i problemi del Paese sono altri”!
Fonte:ANSA