La prima volta di Raul Castro
Alla fine di una guerra un po’ più tiepida di quella con l’Unione Sovietica ma sempre piuttosto fredda, Raul Castro entra tra gli applausi al VII Vertice delle Americhe iniziato il 10 aprile a Panama.
Un vertice molto discusso, quello aperto venerdì sera dal presidente di Panama, Juan Carlos Varela, davanti a governatori e rappresentanti di 35 Paesi del continente, in cui la presenza di Cuba non rappresenta soltanto l’attestazione formale di un avvenuto disgelo. Poiché in assenza dei rappresentanti del governo cubano molti leader dei Paesi latinoamericani e dei Caraibi avevano già fatto sapere che non avrebbero partecipato.
Era infatti già da molti anni che le pressioni dei Paesi latinoamericani per l’ammissione di Cuba al vertice delle Americhe venivano rispedite al mittente dagli Stati Uniti. Ma oggi, dopo 21 anni di esclusione, Castro, e con lui i Paesi del sud delle Americhe, può presentarsi come vincitore, soprattutto in seguito al riconoscimento da parte di Obama del fallimento politico dell’embargo contro Cuba.
Sul piatto, tra incontri ufficiali e ufficiosi tra i due leader, ci sono tre questioni fondamentali per sbloccare le trattative e riaprire le ambasciate: la rimozione di Cuba dalla “lista nera” dei Paesi che sostengono il terrorismo internazionale, il problema dei risarcimenti (delle nazionalizzazioni di beni e imprese Usa attuate da Fidel Castro dopo la vittoria della Revolución nel 1959) e la questione dei diritti umani. Qualora Obama, come si vocifera tra gli analisti, avesse superato l’ostacolo della lista nera, certificato magari dall’assicurazione di portare tale decisione all’attenzione del Congresso, il disgelo potrebbe subire un’accelerazione e passare dal freddino al tepore della primavera.
Ma dietro le quinte resta tutta aperta la questione della politica estera statunitense nei confronti dell’America Latina, la cui contraddittorietà emerge in maniera lampante rispetto alla “guerra” freddissima in corso con il Venezuela. L’opinione dello storico Enrique Lopez Oliva, condivisa da molti leader anche alleati di Washington, è infatti che «Gli Stati Uniti non hanno rinunciato alla loro politica egemonica e di ingerenza, insomma imperialista, come dimostra il decreto presidenziale per dichiarare che il Venezuela rappresenta un pericolo per gli Usa».
Nel frattempo la prima stretta di mano tra Obama e Raul è avvenuta in pompa magna, come se a incontrarsi fossero stati Freddy Roosevelt e Beppe Stalin, e rilanciata con un fuoco di sbarramento intergalattico da tutti i media del globo. Tuttavia sembra che i due siano solo ai saluti, il bello è ancora tutto da venire.
Foto Reuters – EFE