Discriminare i gay? In Usa si può
Si scrive “libertà religiosa”, si legge “discriminazione”. La formulazione del “Religious Freedom Restoration Act – che afferma «il governo può limitare l’esercizio della religione di un proprio cittadino solo quando viola gli interessi del governo» – infatti, consentirà di discriminare i cittadini omosessuali, negando loro beni e servizi facendo appello alle proprie convinzioni religiose. Ad approvare un provvedimento così in odore di leggi razziali non è stato qualche Paese barbaro e arretrato, ma alcuni Stati dei civilissimi Stati Uniti d’America.
Il primo a legalizzare la discriminazione di omosessuali, bisessuali e transgender – e non solo – è stato l’Indiana il 26 marzo, seguito dall’Arkansas il 31. Sono molti, però, gli Stati che puntano a inserire nei loro ordinamenti leggi più restrittive nei confronti dei “diversi”: «A oggi, i legislatori hanno introdotto più di ottantacinque progetti di legge anti-LGBT nelle legislature di ventotto paesi», rivela il report di Human Rights Campaign. Quanto i diritti dei cittadini LGBTQI siano in pericolo lo dimostra il contenuto delle varie proposte di legge, che va dalla difesa degli psicologi che sostengono le teorie riparative alla richiesta di eliminare le norme anti-discriminazione, passando per leggi esplicitamente anti-transgender e l’obiezione di coscienza per motivi di credo. Trentaquattro progetti di legge sono stati respinti o non hanno rispettato le scadenze dell’iter legislativo, ma in Indiana e Arkansas l’obiezione religiosa ha trionfato. I commercianti di questi Paesi – in particolare quelli che si occupano di organizzare matrimoni e servizi di catering – potranno rifiutarsi di servire i clienti omosessuali e transgender senza incorrere nelle leggi anti-discriminazione perché motivati dal proprio credo. Un nuovo apartheid, che individua una classe di cittadini da escludere, i “froci”.
Ci aveva provato anche l‘Arizona un anno fa, con “l’anti-gay bill”, che permetteva ai negozianti di non servire gli omosessuali se contrario alle loro “ferme convinzioni religiose”. In quel caso era arrivato rapidissimo il dietro front della governatrice repubblicana Jen Brewer che – sconfessando il suo stesso partito – aveva ritirato la legge per paura di una frattura nel Paese e, soprattutto, di boicottaggi economici. A distanza di un anno, però, quella piccola vittoria è già lontana nella memoria e, dice ancora Human Rights Campaign, «L’onda crescente di legislazioni anti-LGBT continua a ingrossarsi». Ora, di fronte alle prevedibili polemiche e alla reazione delle principali corporation statunitensi, anche il governatore dell’Indiana Mike Pence corre ai ripari, promettendo un emendamento per «aggiustare» la legge che però, precisa, è stata male interpretata: «Non ho creduto per un minuto che fosse intenzione dell’Assemblea dare il permesso di discriminare, o negare i servizi, a gay, lesbiche o nessun altro nello Stato, e questo certamente non era il mio intento». Se è vero che leggi simili sono già presenti in diversi Stati e che in nessun caso di discriminazione il giudice ha fatto valere come attenuante l’obiezione religiosa, i provvedimenti da poco approvati potrebbero costituire dei pericolosi precedenti e ci sono già esercizi commerciali che rivendicano orgogliosamente il proprio rifiuto di servire i clienti sgraditi, ovviamente nascondendosi dietro il diritto di culto.
Il primo è stato Memories Pizza, un ristorante gestito dalla famiglia O’Connor, che si è schierata a favore del Rfra, affermando che non si tratta assolutamente di discriminazione ma del diritto di avere delle convinzioni religiose. Per gli O’Connor, infatti, la loro pizzeria è un edificio Cristiano e, pertanto, può rifiutarsi di ospitare ciò che contravviene alle regole della religione, vale a dire i matrimoni tra coppie dello stesso sesso: «I choose to be heterosexual. They choose to be homosexual. Why should I be beat over the head to go along with something they choose?». Il locale, dopo queste affermazioni, è stato costretto a chiudere temporaneamente a causa della valanga di telefonate e post sui social di cittadini indignati e, per fortuna, non tutti i ristoratori del Paese sono come i gestori di Memories Pizza. La loro intenzione, però, sconfessa i sostenitori della legge secondo cui questi provvedimenti non sanciscono la possibilità di discriminare, ma si limitano proteggere la libertà di culto. Una libertà che, in ogni caso, è già garantita dal Primo Emendamento della Costituzione, che assicura a ogni cittadino la possibilità di professare la propria religione senza che lo Stato intervenga: «Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione».
Le radici di questa ondata legislativa contro i gay sono senz’altro da ricercare nella reazione cattolica e conservatrice alla campagna a favore dei diritti LGBT, che sta ottenendo straordinari successi, come la storica sentenza della Corte Suprema che legalizza i matrimoni tra coppie dello stesso sesso a livello federale. Segno che sono ancora in molti a voler fermare il progresso. In Italia si è parlato poco di queste leggi, più che altro per riportare la lettera scritta al Washington Post da Tim Cook – ceo di Apple che si è schierato contro i provvedimenti che «razionalizzano l’ingiustizia con il pretesto di difendere una cosa che tutti noi abbiamo a cuore» – o per stigmatizzarlo («Cook vede la discriminazione anche dove non c’è», è l’illuminato commento de «Il Foglio»). Benpensanti cattolici e sentinelle hanno plaudito alla Grande America che nella sua munificenza garantisce la libertà religiosa, come se fosse necessario stigmatizzare e discriminare i gay per dirsi credenti. Il problema, quello vero, è che in molti preferiscono concentrarsi sui diritti garantiti alle religioni anziché vedere la pericolosità insita in questi atteggiamenti. Rendere lecita la discriminazione – una discriminazione che, se ha nei gay il bersaglio principale, rischia di colpire anche altre categorie, ad esempio le donne (i commercianti potrebbero rifiutare di vendere contraccettivi perché contrari al proprio credo) e tutti coloro invisi ai fanatici religiosi – non renderà la fede più libera. Renderà solo una parte dei cittadini esclusa, stigmatizzata, “diversa”. Il passato ci ha fornito esempi drammatici di discriminazione ed esclusione, davvero non abbiamo imparato nulla?