Anticorruzione, il ritorno del falso in bilancio
“Approvata la legge anticorruzione: stretta sui reati di mafia, falso in bilancio, aumentano le pene per la corruzione nella PA. #lavoltabuona”. Così ha cinguettato il premier Renzi per esprimere la sua soddisfazione dopo che al Senato è passato il ddl anticorruzione.
Il testo, dopo essere stato fermo per alcuni mesi in commissione, è finalmente approdato alla Camera più alta per la votazione. Votazione che è andata a buon fine e, che tra le novità, ripristina il reato di falso in bilancio, precedentemente eliminato durante il governo Berlusconi. Proprio l’articolo 8 è passato per pochissimi voti, precisamente tre. Ha ottenuto 124 “sì”, rispetto ai 121 esponenti della maggioranza presenti, 74 sono stati i “no” e 13 si sono astenuti. Il nuovo testo dell’articolo prevede pene molto più severe per chi viene accusato di falso in bilancio. Precisamente, potrebbero avere da 1 a 5 anni di reclusione le società normali, mentre quelle quotate in borsa o che immettono titoli sul mercato o le banche rischiano da 3 a 8 anni. Sono previste anche delle pene più lievi, da 6 mesi a tre anni, se i reati sono minori e tenendo anche conto delle dimensioni della società e delle modalità di condotta. Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha commentato in modo positivo questo risultato, non facendosi scoraggiare dai numeri molto risicati. Ammette che il Governo ha rischiato e ha vinto, nonostante sapessero che ci sarebbero stati dei rischi, sono andati avanti lo stesso ed ecco il risultato positivo. Non solo falso in bilancio, tra gli altri articoli approvati, c’è quello che prevede un aumento delle pene per associazione mafiosa, i boss e i loro “colleghi” rischiano fino a 26 anni di carcere. Per quanto riguarda il patteggiamento e la condizionale, si potranno richiedere nei processi per i reati nella pubblica amministrazione, a condizione che sia stato restituito tutto quello che è stato tolto allo Stato. In più, i Pm, secondo quanto scritto nell’articolo 6, avranno l’obbligo di informare il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, quando esercitano l’azione penale per i delitti contro la pubblica amministrazione. Sempre in tema di pubblica amministrazione è l’articolo 3, che stabilisce che il funzionario corrotto dovrà restituire allo Stato una somma uguale a quella che aveva ricevuto.
Tra voti risicati, approvazioni e soddisfazioni, non potevano mancare le polemiche. Il Movimento 5 Stelle portano l’attenzione sulla presenza dei “pianisti”, secondo loro la votazione del ddl sarebbe stata falsata da chi ha espresso il voto per i senatori assenti e denunciano il fatto che Grasso non abbia fatto nulla. Questo è quello che ha riferito il capogruppo del M5S in Commissione Giustizia al Senato, Enrico Cappelletti, il quale ha continuato affermando di aver già individuato un pianista che ha votato per il senatore Tarquini. Le proteste arrivano anche da Antonio Di Pietro che in un programma radiofonico ha definito il ddl un pesce d’aprile.
Intanto il testo prosegue il suo iter e passa alla Camera.
Fonte: Ansa
@donati_flavia