FARC – Colombia: sminare per la pace

Il processo di pace tra le forze ribelli delle FARC e il governo colombiano, in corso a L’Avana fin dal 2012, comincia a produrre qualche significativo passo avanti, orientato soprattutto a diminuire il numero di civili uccisi o feriti negli scontri tra FARC ed esercito colombiano.

L’accordo più rilevante tra le FARC – le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, organizzazione di ispirazione marxista-leninista, nata nel 1964 per fronteggiare una vasta operazione militare (sostenuta dagli Usa e ispirata dall’oligarchia colombiana) contro i circoli di autogestione contadini che si erano sviluppati in un alcune regioni colombiane e contro la dissidenza di sinistra – e i rappresentanti del governo colombiano  è stato raggiunto durante la notte dell’8 marzo, e prevede lo sminamento di alcune zone rurali della Colombia. Quello delle mine antiuomo è uno dei flagelli che più insanguina la Colombia, e la collaborazione di miliziani ribelli e truppe regolari al fine di bonificare le zone più a rischio, come ha dichiarato il negoziatore del governo colombiano Humberto de la Calle, rappresenta un “un primo ma gigantesco passo avanti” verso la pace.

Per comprenderne meglio la portata è bene ricordare che l’uso delle mine anti-uomo è sempre stato uno dei principali strumenti di difesa dei ribelli delle FARC contro i soldati del governo, dunque lo sminamento segna un’epocale inversione di rotta che si inserisce pienamente nel solco cominciato a scavare il 18 dicembre, quando i ribelli delle FARC ha deciso una sospensione unilaterale del conflitto onde favorire il processo di pace nonostante il rifiuto delle istituzioni colombiane di accettare la tregua senza un accordo di pace complessivo.

Ma a volte, anche se pagati a caro prezzo, gli esempi possono diventare modelli da seguire: pochi giorni dopo l’accordo sullo sminamento il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha annunciato di aver ordinato la sospensione per un mese dei bombardamenti aerei e delle operazioni militari ‘attive’ contro le basi delle Forze armate Rivoluzionarie della Colombia, dichiarando, suo malgrado, che il cessate il fuoco lanciato a dicembre dalle FARC è stato rispettato.

Un mese di tregua dunque, dopo il quale ognuno farà le sue valutazioni. Ma la speranza è che la pace precaria possa durare, incoraggiata dai progressi delle operazioni di sminamento e dall’incontro tra le delegazioni di pace dei ribelli e del governo previsto per il 10 Aprile a L’Avana.

Tuttavia il processo di pace è ancora lungi dal potersi dire in fase di conclusione, innanzitutto per la non partecipazione dell’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) – il secondo gruppo ribelle attivo in Colombia – alle trattative in corso all’Avana, né tanto meno allo sminamento e di conseguenza non coinvolto nel cessate il fuoco. In secondo luogo i guerriglieri delle FARC, in comunicato del 27 marzo, hanno chiarito alcuni dei principi irrinunciabili per il processo di pace, ribadendo alcuni dei capisaldi dell’Agenda per la pace siglata tra FARC e governo colombiano: l’ammissione di responsabilità del conflitto pluridecennale da parte del governo colombiano, la lotta per la giustizia sociale e giuridica, le riparazioni per tutte le vittime del conflitto (che dura da cinquant’anni), la necessità irrinunciabile di un’assemblea costituente.

I ribelli chiariscono il punto insomma, sono per la pace, non per la resa. We came to Havana to make peace, not to submit ourselves, si legge all’interno del comunicato; e speriamo che sia una pace vittoriosa.

@aurelio_lentini

Approfondimenti:
Comunicato 27 marzo
Comunicato 52 sullo sminamento
Comunicato 53 sulla prosecuzione delle iniziative di pacificazione
Agenda per la pace
Articolo sul The Economist
Articolo de lainfo.es sullo sminamento

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