Al Teatro Golden si ride sulle spalle dello Zio Pino
E’ ormai formula consolidata del Teatro Golden di accogliere sull’anomalo palco quadrato (molto più simile ad un moderno anfiteatro) volti più o meno celebri della televisione. Così come è rafforzativo di questa formula riproporre alchimie di interpreti già consolidate nelle stagioni precedenti, come ad esempio l’accoppiata Euridice Axen e Simone Montedoro, lei pronta a comparire nella fiction mediaset Le tre rose di Eva, lui ormai amato Capitano dei Carabinieri nelle ultime stagioni di Don Matteo.
Nella scorsa stagione del teatro di Via Taranto furono i coniugi protagonisti della commedia Se tornassi indietro, tornano quest’anno in veste di fratello e sorella alle prese con uno zio nostalgico e battagliero, lo Zio Pino appunto. A fare da spalla irriverente ci pensa Stefano Fresi, anche lui ormai di casa al Teatro Golden, nonché protagonista dell’ultimo film di Edoardo Leo Noi e la Giulia.
La commedia (prodotta da Andrea Maia e da Kalitera per il Teatro Golden) in scena fino al 19 aprile, è un testo inedito, scritto da Ennio Speranza, Andrea Tagliacozzo e Massimo Natale, che cura anche la regia. Trascorsi i primi minuti però si capisce subito di essere davanti a qualcosa di vagamente noto. Riecheggia la tradizione teatrale partenopea, con qualche inserto comico moderno: i nipoti che vivono sulle spalle del povero nonno, l’idea funesta che questo agio potrebbe un giorno finire e…colpo di scena (più che atteso) il nonno muore. Cosa fare? Iniziare a vivere adeguandosi al sistema di casa-lavoro o fingere la solita vita cercando di attingere a quella pensione d’oro ancora per un po’? Per quanto paradossale, la prima idea spaventa più della seconda, ed ecco che i due protagonisti (con il terzo in successiva aggiunta) cercano di rimanere in bilico tra la menzogna e il desiderio di riscatto. I dialoghi però non turbano quanto la prevedibilità della sceneggiatura, e quasi cullano le risate di un pubblico comunque mai generoso. Il ritmo tra i due c’è, la comicità di Stefano Fresi anche, e fino all’intervallo la consapevolezza di un buon testo regna in sala. Il problema però è nella seconda parte, e nel finale stilisticamente “affrettato”: sembra quasi che manchi una parte di storia, o che si voglia arrivare presto ad una conclusione che dovrebbe risvegliare in noi quella voglia di dolcezza talmente forte da perdonare anche lo sfregio di una previdenza sociale auto-imposta e immeritata. Passo falso! I tempi son quelli che sono e vedere l’amore che trionfa sull’INPS è un po’ come commuoversi davanti a Diabolik ed Eva Kant che si baciano mentre ci svaligiano casa. Non può funzionare. Sipario…nella speranza di vedere qualche correzione nella prossima (eventuale) messa in scena.