Houti contro Hadi: in Yemen è guerra civile
Non è passato molto tempo da quando Obama presentava lo Yemen quale esempio perfetto di azione condotta contro il fondamentalismo arabo che già la realtà, multiforme e sfaccettata, è riemersa dalle crepe del terreno mettendo a ferro e fuoco il Paese. Lo Yemen è, da settembre, teatro di sommovimenti che l’hanno condotto dritto dritto verso la guerra civile. Le forze che si combattono sul territorio yemenita sono almeno quattro e gli incroci e le sovrapposizioni tra di esse rendono complicato tracciare un quadro chiaro e ordinato della situazione, che è tanto drammatica da essere stata segnalata dall’inviato speciale dell’Onu Jamal Benomar come scenario al pari di quelli libico e siriano.
La guerra confessionale interna ha incrinato la governabilità del Paese già lo scorso settembre. Gli Houti, una milizia sciita appartenente al gruppo minoritario degli zaydi (cioè coloro che riconoscono in Zayd bin Ali, pronipote di Maometto, il quinto imam) hanno intrapreso una rivolta contro il Presidente Hadi. Gli Houti sono dominanti nella parte nord, quella al confine con l’Arabia Saudita ma, cavalcando il malcontento sociale e grazie al supporto morale e militare dell’Iran, hanno conquistato fisicamente il palazzo presidenziale a Sana’a e hanno deposto Hadi e l’hanno costretto agli arresti domiciliari. Hadi, che resta il Presidente ufficialmente in carica per la comunità internazionale, che sta a guardare con gli occhi sgranati, è riuscito a febbraio a fuggire ad Aden, nel sud. Mentre le truppe Houti sono impegnate a guadagnare terreno sulle forze sunnite e a conquistare la città di Taiz e l’aeroporto, dietro di sé hanno lasciato un vuoto in cui hanno potuto insinuarsi facilmente due pericoli mortali: Aqap e Is.
L’Aqap, il ramo di Al-Qaeda nella Penisola Arabica, il gruppo, per intenderci, che ha affermato di aver addestrato i fratelli Kouachi per attaccare la redazione di Charlie Hebdo, è già saldamente presente in alcuni distretti del sud e dell’est dello Yemen. Possiamo annoverare l’Aqap tra le forze anti-sciite, che vedono dunque negli Houti un nemico, e sullo stesso versante di Aqap, ma più assetate di sangue, ci sono le forze fedeli al califfo Al-Baghdadi. È stato proprio l’autoproclamato Stato Islamico a rivendicare i feroci attentati di venerdì che hanno colpito al cuore la capitale Sana’a, ormai sotto il controllo Houti. Durante l’ora della preghiera due kamikaze hanno fatto saltare in aria due moschee della capitale. Due esplosioni distanziate di circa mezz’ora hanno lasciato a terra tra i detriti quasi 150 morti e centinaia di feriti. Aqap ha preso le distanze dall’accaduto, condannando attentati nei luoghi in cui le vittime possono essere miste, ma Al-Baghdadi non trova ostacoli nella sua campagna totale anti-sciita, che punta al genocidio.
Davanti a tanti e tanto agguerriti fronti sembra che non abbiamo al momento gli strumenti per capire quali sono le mosse giuste da fare. Già nel mese scorso Washington, Londra e Parigi hanno chiuso le loro ambasciate. Le forze speciali britanniche e quelle americane hanno lasciato il Paese per motivi di sicurezza e la favola bella dello Yemen exemplum ha svelato tutta la sua inconsistenza.